Anche il Qatar sta creando un grande campionato, ma in modo meno sfacciato rispetto all’Arabia Saudita

Sono arrivati tanti giocatori giovani dall'Europa, più qualche veterano: è la ricetta giusta per rispondere a Riyad?

La Saudi Pro League, lo sappiamo fin troppo bene, ha fatto irruzione nel calciomercato con una potenza di fuoco mai vista nella storia, almeno per quanto riguarda un campionato non europeo. Tutto fa parte di un enorme piano che punta a egemonizzare il mercato dello sport più seguito al mondo, passando anche per l’organizzazione della Coppa del Mondo 2034. E, più a lungo termine, a “ripulire” in qualche modo l’immagine dell’Arabia Saudita agli occhi del mondo. Niente di tanto diverso da quanto già fatto dal Qatar, un Paese che in questo senso ha fatto da precursore e che – come dire – non ha proprio un grande rapporto con Riyad. A tal proposito, per non risultare tediosi, vi consigliamo di consultare la pagina Wikipedia Eng che racconta i conflitti diplomatici tra le due nazioni. Insomma, in Arabia Saudita hanno provato – e stanno provando – a ripercorrere la strada del Qatar, anche per “rispondere” a Doha. Dove, a loro volta, non sono rimasti fermi a guardare, almeno a livello calcistico: anche il Qatar, infatti, sta cercando di costruire un grande campionato di calcio. Solo che lo sta facendo in modo meno sfacciato rispetto all’Arabia Saudita.

Dopo i primi (enormi) investimenti nel PSG, la creazione di Academy fantascientifiche, la crescita della Nazionale – arrivata fino alla vittoria del titolo continentale, nel 2019 – e la fase finale dei Mondiali 2022 giocati nell’emirato, siamo entrati in una fase di consolidamento. Una fase in cui è «fondamentale costruire una legacy che venga alimentata anche dal campionato». Queste parole sono di Ben Peppi, Head of Sports Services della JMW Solicitors (studio legale esperto in marketing sportivo), e sono state raccolto da The Athletic in questo articolo che analizza i rapporti tra il Paris Saint-Germain e le squadre qatariote, in particolare dopo i controversi trasferimenti di Verratti, Draxler e Diallo in club della Qatar Stars League, nome ufficiale del massimo campionato locale. Il punto è che gli acquisti degli esuberi del PSG sono solo una parte del lavoro fatto negli ultimi anni per rendere più competitiva la lega. Solo che in Qatar stanno seguendo un approccio meno appariscente e forse anche più ad ampio raggio rispetto all’Arabia Saudita.

Cominciamo proprio dal mercato, laddove si rintracciano le differenze più ampie tra i due modelli: quelli che riguardano Verratti, Draxler e Diallo sono gli affari più ricchi fatti dai club qatarioti, e sono praticamente gli unici che riguardano giocatori già affermati nel calcio europeo – se si escludono il prestito di Coutinho e gli acquisti dell’ex Leeds Rodrigo e dell’ex Sampdoria Murillo, formalizzati rispettivamente da Al-Duhail, Al-Rayyan e Al-Shamal. Tutte le operazioni concluse di recente hanno coinvolto dei talenti decisamente più giovani, quindi con maggiori prospettive: il 21enne Ibrahima Bamba (ex Vitória Guimarães, ma con passaporto italiano) è passato all’Al-Duhail per otto milioni di euro; l’Al-Gharafa ha preso il 20enne Fabricio Díaz dal Liverpool (Uruguay) per sei milioni di euro e il 18enne difensore Sano dal Braga per due milioni; l’Al-Rayyan ha investito dieci milioni per il 21enne Gabriel Pereira (ex New York City) e altri otto milioni per André Amaro, difensore di vent’anni proveniente dal Vitória Guimarães; l’Al Sadd ha speso oltre 20 milioni per prendere il 22enne ecuadoriano Gonzalo Plata e il 19enne brasiliano Giovani. In totale, oltre 20 calciatori hanno lasciato un campionato europeo o americano per trasferirsi in Qatar: un numero che avrebbe fatto scalpore, se non fosse stato oscurato dalla migrazione di massa verso la Saudi Pro League.

Insomma, l’idea del Qatar è quella per cui il livello del campionato si alzerà attraverso lo sviluppo di questi giovani calciatori. Ma non solo: la sinergia – usiamo questo termine, che è meglio – tra le istituzioni locali e il PSG ha agevolato anche l’arrivo in prestito di alcuni ragazzi formati nel vivaio del club francese, tra cui l’ex capitano dell’Under 19, Younes El Hannach, e Ilyes Housni; come loro, un anno fa anche Sekou Yansane e Kais Najeh hanno vissuto una stagione in prestito ai club qatarioti. È evidente che quello della Stars League sia un modello diverso da quello top-down dell’Arabia Saudita, ma anche in Qatar ci sono diversi veterani che aiuteranno i talenti a crescere nel modo giusto: Verratti, Draxler e Coutinho, tra gli altri, hanno raggiunto i vari Rafinha, Javi Martínez e Brahimi, già da anni emigrati nella lega qatariota. E pare che la Federazione locale voglia insistere in questa direzione: a partire da questa stagione, infatti, il limite di giocatori stranieri in rosa è salito fino a cinque, più altri due slot per giocatori non qatarioti che hanno meno di 21 anni.

Questo potenziamento delle rose procede in parallelo con quello dirigenziale: a marzo 2022, la Qatar Stars League ha nominato un nuovo direttore sportivo, l’ex PSG (toh!) Antero Henrique, per «migliorare il livello del campionato». Un’altra mossa che è stata in qualche modo “copiata” in Arabia Saudita: pochi mesi fa, infatti, la Saudi Pro League ha scelto l’ex Chelsea Michael Emenalo per ricoprire lo stesso ruolo, quindi per sviluppare la lega in modo armonico, proiettato al futuro. Sarà interessante capire come si evolveranno entrambi i progetti, anche se i criteri e i metodi adottati in Qatar preannunciano una crescita più lenta, inevitabilmente meno scoppiettante, rispetto all’Arabia Saudita.