Il dominio di Verstappen e della Red Bull è un problema per la Formula Uno?

Il Mondiale 2023 è stato il parco giochi di Max e della sua scuderia. Al di là degli indiscutibili meriti, va trovata una soluzione per scongiurare il rischio che gli appassionati si annoino.

Nella storia dello sport, ci sono stati momenti in cui l’idea di perfezione non è sembrata poi così irraggiungibile come suggeriscono i luoghi comuni. Pensiamo per esempio al 10 ottenuto da Nadia Comaneci alle Olimpiadi di Montreal del 1976, al Mondiale di Diego Armando Maradona nel 1986 o alle stagioni trionfali di Valentino Rossi in MotoGp. Il campionato del mondo 2023 di Formula Uno, letteralmente dominato da Max Verstappen con la sua Red Bull RB19 appartiene proprio a questo gruppo di imprese sportive praticamente perfette. A dirlo sono i numeri, i tanti record battuti dal pilota olandese nel corso della stagione. Eccone alcuni: maggior numero di vittorie (19 su 22 gare); percentuale più alta di vittorie nella storia della F1 (l’86%); maggior numero di podi (21); maggior numero di giri in testa (più di mille); maggior divario di punti tra il primo e il secondo in classifica (575 contro 285); maggior numero di hat trick (ovvero vittoria, pole position e giro veloce nel corso dello stesso gran premio). Soprattutto, come forse mai prima d’ora, il campionato è sembrato segnato già dal primo gran premio stagionale, lo scorso 5 marzo in Bahrein.

In Formula Uno record simili suonano ancora più impressionanti, perché le vittorie non dipendono solo dalla qualità del singolo atleta, ma anche da quelle della vettura, che deve essere veloce, sì, ma anche affidabile. Ne sa qualcosa per esempio Charles Leclerc, che nel 2022 – quando era in testa al campionato e sembrava inarrestabile – si è visto fermato per ben due volte da problemi di affidabilità della sua Ferrari in gare che avrebbe altrimenti vinto a mani basse. Nel corso degli ultimi mesi, la RB19 è stata definita dai rivali come un’auto di un altro pianeta: Lewis Hamilton, per dire, ha raccontato di non avere «mai visto una macchina così veloce». Parlando del livello della competizione, Toto Wolff – team principal di Mercedes – ha affermato che «è come se ci fossero delle vetture di Formula 2 contro una di Formula 1». C’è anche chi si è chiesto se la Red Bull RB19 possa essere considerata la migliore auto da F1 di epoca moderna. Di sicuro è stata la più dominante, con 21 vittorie su 22 gare in stagione (alle 19 di Verstappen bisogna infatti aggiungere le due di Sergio Pérez; unica eccezione, il GP di Singapore  vinto da Carlos Sainz su Ferrari). Anche questo, ovviamente, è un record polverizzato dalla scuderia austriaca.

La RB19 si è affermata come una macchina completa, con un’ottima power unit abbinata a un pacchetto aerodinamico eccezionale, in grado di essere competitiva in modo costante su tracciati completamente diversi fra loro, dai più lenti e tortuosi come Monte Carlo ai più veloci come Monza. Secondo gli stessi tecnici di Red Bull, che si sono espressi non senza un pizzico di falsa modestia, il motivo stava nel fatto che l’auto era «buona» in tutte le sue componenti, anche senza eccellere in nessuna di esse. Il merito va in ogni caso attribuito perlopiù a Adrian Newey, uno dei pochi veri geni della Formula Uno contemporanea, progettista capace di portare al successo vetture di diverse generazioni, prima con la Williams e poi con la McLaren, per finire con la Red Bull – con la quale collabora ormai dal 2006, nonostante i corteggiamenti di Ferrari.

Eppure, non bisogna nemmeno sminuire i meriti di Verstappen. La Red Bull RB19 si è dimostrata una sorta di astronave anni luce davanti alle sue concorrenti, ma senza di lui avrebbe vinto così tanto? I risultati del suo compagno di squadra Sergio Pérez fanno propendere per il no. Il messicano è arrivato secondo in classifica e avrebbe probabilmente vinto un ipotetico campionato senza Verstappen, ma senza dominare come ha fatto il suo compagno/rivale e conquistando la matematica con una o due gare di anticipo. Tutto questo, ovviamente, al netto dei fantasiosi complottismi per cui l’auto di Pérez non fosse la stessa di Verstappen.

Nel corso del 2023, Verstappen ha raggiunto l’apice della sua maturità, andando a formare con la propria vettura una simbiosi perfetta come di rado se ne sono viste nella storia della Formula Uno. «Credo che abbia raggiunto un altro livello», ha affermato il suo boss Christian Horner. Dopo la rocambolesca vittoria del campionato 2021 in volata su Lewis Hamilton, Verstappen si è infatti del tutto liberato di tutte le etichette scomode che lo accompagnavano e che lo indicavano come un pilota eccessivamente irruente, trovando il giusto equilibrio fra audacia e lucidità in pista, fra velocità e concretezza. Il pilota olandese si è così trasformato in un vero e proprio tiranno, che non ha voluto lasciare ai rivali nemmeno il punto addizionale garantito dal giro più veloce in gara quando il campionato aveva ormai preso una strada precisa.

E il prossimo anno? In tanti hanno definito la stagione della Red Bull irripetibile, opinione condivisa anche dalla stessa scuderia. La sensazione è però che il vantaggio su tutte le altre macchine sia ancora elevato, anche perché quest’anno la Red Bull si è adagiata sulla mancanza di concorrenza, cioè ha corso senza spingere davvero al massimo. Budget cap e congelamento degli attuali regolamenti tecnici – almeno fino al 2025 – non lasciano inoltre molte chance di recupero. In questo senso, a fine campionato sono stati tanti gli avversari che hanno palesato il loro scetticismo: Lewis Hamilton ha sottolineato come nell’ultimo gran premio la Red Bull di Verstappen abbia vinto con 17 secondi di vantaggio sul secondo classificato, «e il fatto che non abbiano più sviluppato la loro auto da agosto è sicuramente una preoccupazione». Per Wolff, battere la Red Bull nel 2024 «sarà come scalare il monte Everest».

Per il circus, però, le problematiche legate a un dominio di questo tipo non sono solo sportive, ma anche di visibilità, di attrattività. E quindi finiscono per diventare criticità economiche. Nel corso del 2023, la Formula Uno ha perso progressivamente di interesse, come evidenziano i dati dei social: le menzioni sono scese a 1,83 milioni, contro le 6,14 del 2022, mentre i nuovi follower sono diminuiti di quasi il 50% e le persone raggiunte si sono più che dimezzate, da 61 a meno di 30 miliardi in tutto il mondo. Tutto questo in realtà sembra preoccupare poco chi la categoria la governa e la dirige. «Ora è il momento di Verstappen e della Red Bull. Cosa facciamo, puniamo il ragazzo che è stato bravo? No, andiamo a far sì che anche gli altri team siano bravi», ha detto Ben Sulayem, il presidente della FIA. «Nessuno impedisce alle altre squadre di essere migliori. Non possiamo punire le persone che sono state le migliori, quelle che si sono impegnate di più. Non sarebbe giusto».

Qualche mese fa, Stefano Domenicali – amministratore delegato di Formula Uno – aveva invece sottolineato come il dominio di un’unica scuderia non avesse effetti negativi sui nuovi mercati, ma solo su quelli storici: «I fan più accaniti, se vedono un’auto che domina, perdono d’interesse. Per i nuovi mercati, i nuovi fan che si avvicinano al settore, questo non è molto importante». Più di recente, lo stesso dirigente ha affermato che «c’è la possibilità di avere un campionato apertissimo l’anno prossimo», citando il balzo qualitativo di McLaren nel corso di quest’ultima stagione come esempio virtuoso di capacità di migliorarsi anche con i limiti imposti dal budget cap. Più che possibilità, a dire il vero, bisognerebbe parlare di speranza. Non quella di vedere necessariamente dei vincitori diversi da Verstappen e Red Bull, ma almeno di assistere, nel corso del 2024, a un campionato più combattuto. Almeno un po’.