Sei giovani talenti che potrebbero spaccare tutto nel 2024

Guida alle promesse più eccitanti di quest'anno: Zaïre-Emery, Zirkzee, Ferguson, Endrick, Echeverri, Vermeeren.

Il 2023 è stato il momento della consacrazione definitiva per molti giovani campioni: Jude Bellingham si è infilato la maglia del Real Madrid e ha imposto cinque mesi di dominio assoluto sul calcio spagnolo ed europeo, Jamal Musiala e Florian Wirtz sono i trascinatori dei rispettivi club e la pietra angolare della nuova Germania, Enzo Fernández e Joško Gvardiol, sull’onda del Mondiale, sono sbarcati in Premier League con trasferimenti da record. Fomentati da questi percorsi, abbiamo scelto sei giovani che abbiamo sui quali abbiamo enormi aspettative per il 2024: non sappiamo se raggiungeranno i livelli di Bellingham già quest’anno, ma ci sentiamo di scommettere qualcosina su di loro.

Warren Zaïre-Emery (2006)

Christopher Nkunku, Xavi Simons, Mike Maignan, Kingsley Coman: quattro giocatori che hanno in comune l’essere cresciuti, o perlomeno transitati, per il settore giovanile del Paris Saint-Germain. E, soprattutto, l’essere esplosi altrove, lontano da Parigi. Con Warren Zaïre-Emery, l’ultimo di una serie di centrocampisti francesi con prospettive top che sembra non finire mai, il PSG ha impedito che si ripetesse il copione: dopo aver debuttato già la scorsa stagione, è diventato fin da subito un punto fermo dell’undici di Luis Enrique, che se n’è innamorato immediatamente. Dopo un prequel di carriera giocato praticamente tutto sotto età nelle giovanili dei Bleues, si è affacciato al calcio vero con un girone di Champions che suona come una dichiarazione di intenti: a 17 anni, è già un giocatore in grado di fare la differenza grazie alla sua tecnica nello stretto, con cui rende più agevole l’uscita del PSG e rompe linee di pressione palla al piede quando si lancia in progressione. Il modo in cui rimane lucido e coordinato quando ha più uomini addosso, le scelte nella gestione del possesso in mezzo al campo, il modo con cui alimenta l’azione con passaggi sul lungo e sul breve, mai scontati, e la completezza con cui interpreta il ruolo anche senza palla, fanno sì che dimostri un’età ben maggiore rispetto a quella reale: anche se nel 2024 diventerà maggiorenne, dà l’impressione di stare a certi livelli da tanti anni. E che ci rimarrà molto a lungo.

Evan Ferguson (2004)

Il Brighton di De Zerbi è una delle squadre più interessanti della Premier League sia per la sua forte identità tattica che per la capacità di pescare di continuo i profili giusti per metterla in pratica in campo. Evan Ferguson è arrivato nel 2021 dall’Irlanda ed è uno dei giocatori del momento: è un attaccante fisicamente molto strutturato ma allo stesso tempo molto coordinato nei movimenti, al punto che a qualcuno è persino scappato un paragone con Marco van Basten. Quando entra in area sa muoversi bene in funzione della porta, sa segnare (anche di testa), ma – per quanto il suo profilo somigli a un primo sguardo a quello di una punta tradizionale – sa rendersi utile in diversi modi anche fuori dall’area. Ha un ottimo controllo del proprio corpo da ariete, una granitica resistenza nei duelli fisici con gli avversari e mezzi tecnici non banali, con cui controlla e smista palloni anche spalle alla porta, spartendosi il lavoro di manovra con uno specialista come João Pedro. Quest’anno è sostanzialmente il titolare in Premier dei Seagulls, ma il modo in cui coniuga potenza, gol, coordinazione e mezzi tecnici potrebbe valergli ben presto un ulteriore salto di qualità.

Il primo anno da pro di Ferguson, in un video ufficiale del Brighton

Joshua Zirkzee (2001)

Con i suoi 22 anni, che diventeranno 23 il prossimo maggio, Joshua Zirkzee è il più grande, o il meno giovane, in questa lista di nomi. Pur avendo a sua volta avuto un passato da enfant prodige, il suo percorso è stato prima rallentato da infortuni e passaggi a vuoto e poi accelerato tutto a un tratto da Thiago Motta, che lo ha messo al centro dell’attacco del suo Bologna, rendendolo il giocatore più elegante, divertente e sorprendente di questa prima metà di Serie A. Tutti sono rimasti stregati vedendo sbocciare questo leggiadro centravanti di manovra, con una pulizia geometrica di movimenti nel girarsi e orientare il corpo, leggero e slanciato, con il primo controllo, che ricorda quella di un giocatore di basket. Non vive di strappi, ma della sua capacità di controllare sempre il pallone, di nasconderlo fluttuando e di connettersi con i compagni: si abbassa di continuo, ha una facilità strabiliante nel far partire con pochi tocchi dei filtranti precisi e illuminanti con cui aziona gli attacchi in transizione e risolve quelli più bloccati della sua squadra. L’apporto estetico del suo modo di giocare a calcio sta andando di pari passo con la sua efficienza (per ora siamo a sette gol e due assist in 17 partite). Il 2024 sarà molto probabilmente l’anno in cui uno dei progetti di numero nove associativo più interessanti d’Europa animerà il mercato: il suo modo aristocratico e stilisticamente unico di interpretare il ruolo lo porterà già in una squadra di élite?

Endrick (2006)

In vista del 2024, probabilmente, non esiste un giocatore al mondo con più occhi addosso di Endrick. La punta brasiliana ha chiuso il 2023 ottenendo una convocazione storica con la Seleção a diciassette anni e conducendo il suo Palmeiras alla vittoria del Brasileirão con una rimonta da film, in cui è stato il protagonista indiscusso (pur giocando fuori ruolo). È stato il primo capitolo della sua storia, la prima vera traccia lasciata da Endrick nel calcio professionistico: tutte le attenzioni sono su di lui, perché si tratta di un giocatore fuori scala – tanto per i suoi coetanei ai tempi delle giovanili quanto per i difensori più formati del campionato nazionale – e, soprattutto, di un nome in grado di generare aspettative con pochi precedenti negli ultimi vent’anni di calcio brasiliano. Al Real Madrid troverà dei partner attacco che parlano la sua stessa lingua anche in campo, ovvero un calcio fatto di connessioni nello stretto alternate a ispirazioni individuali in dribbling, un modo di giocare a calcio libero, istintivo e travolgente: già solo per questo sarà uno spettacolo, a maggior ragione in virtù della conferma di Carlo Ancelotti. A prescindere da ciò, il 2024 è l’anno in cui Endrick misurerà il proprio fisico esplosivo, la propria tecnica ingovernabile e creativa, e tutte le altre caratteristiche che compongono il suo profilo da predestinato, con l’Europa, o meglio, con il suo livello più esigente e competitivo, il Real Madrid. Vale la pena seguirlo fin dall’inizio. 

Claudio Echeverri (2006)

Se in Brasile, per quantificare il potenziale di Endrick sono stati scomodati Romário, Ronaldo e addirittura Pelé, in Argentina il giovane prospetto ritenuto in grado di percorrere la strada dei grandi numeri dieci della storia nazionale è Claudio Echeverri. L’enganche del River Plate – il cui nome gira da anni insieme ai video di lui, undicenne, che dribbla come coni i coetanei della Juve e segna da ogni posizione – ha dominato sia il Sudamericano che Mondiale U-17, ed è il prototipo del talento argentino da potrero. Il suo soprannome, “Diablito”, restituisce bene l’idea di malizia e iperattività che trasmette il suo modo di giocare a calcio: tocca palloni in ogni zona di campo, si lancia in progressioni imprendibili, taglia il campo con filtranti e invenzioni, stordisce gli avversari con una danza continua di pause e sterzate nello stretto. Ha chiuso il 2023 debuttando da titolare (e alzando la coppa) nella finale del Trofeo de Campeones: visto l’impatto con il livello del professionismo, probabilmente avrà tempo per vincere ancora qualcosa con la maglia dei Millonarios. Poi, nel suo futuro, dovrebbe esserci il Manchester City: Guardiola non troverà una macchina perfetta per il gioco di posizione come Julián Álvarez, piuttosto un numero dieci potenzialmente generazionale.

Se sono anni che si parla di lui, deve esserci un motivo

Arthur Vermeeren (2005)

Nel 2022 per farlo entrare, giovanissimo, nelle rotazioni del Royal Antwerp, sono serviti l’allonatanamento di Nainggolan – per ragioni disciplinari – e alcuni infortuni. Oggi, più di un anno dopo, Arthur Vermeeren è una della rivelazioni della fase a gironi di Champions League e un centrocampista con potenziale raro. Anche se alcuni video di YouTube che raccolgono le sue giocate si chiedono se sia “the new KDB”, si tratta di un giocatore con un raggio d’azione e un set di caratteristiche molto diverso, più simile per certi versi a Frenkie De Jong. Nella mediana a due dell’Antwerp, tutti i palloni passano da lui: sa resistere alla pressione e farsi strada in progressione grazie a una straordinaria pulizia di tocco, ma anche distribuire sul lungo e sul breve con qualità e visione. È straordinario nel consolidare il possesso, ma sa anche rompere le linee con passaggi filtranti e cambi di gioco. Pur non essendo un calciatore particolarmente esplosivo, ha un discreto passo nel coprire il campo e una buona capacità di contendere palla in contrasto e pressare alto: il suo aspetto slanciato e i tocchi leggeri ed eleganti nascondono un centrocampista con tutte le caratteristiche necessarie a fare il top ad alti livelli. Quando gli chiedono del suo futuro, dice di non voler bruciare le tappe e che la sua prossima mossa «dovrà incastrarsi bene nel puzzle». Lui, di sicuro, è una tessera che completerebbe molte squadre.