Il Vitesse era davvero la squadra satellite del Chelsea, e questa cosa l’ha portato alla rovina

Il club olandese, dopo 14 anni di legami segreti con Roman Abramovich, ora è a un passo dal fallimento.
di Redazione Undici

Il Vitesse Arnhem sta vivendo una crisi senza precedenti: una mega-penalizzazione ha sancito la retrocessione dall’Eredivisie, e nel frattempo il club ha addirittura organizzato una raccolta fondi, tra i suoi tifosi, per provare a evitare il fallimento. Questa situazione – sportivamente – drammatica è il frutto di una serie di cambiamenti che vanno molto al di là del calcio. E di una storia fatta di legami segreti con un grande club europeo: il Chelsea. Tutto inizia quando un ex calciatore georgiano, Merab Jordania, acquisisce le azioni del club. Siamo nel 2010, e da quel giorno i Blues cominciano a fare affari con il club olandese: i primi tre riguardano tre giovani calciatori ceduti in prestito, ovvero il portiere Delac, il difensore Rajković e il centrocampista Matic. Sì, esatto: proprio quel Nemanja Matic.

Da allora, il Vitesse è diventato una squadra perfetta in cui mandare i propri giocatori in prestito. Per il Chelsea, che ha continuato a inviare dei giovani talenti ad Arnhem, ma anche per altri club. Ed ecco un po’ di nomi: Mount, Odegaard, Solanke, Broja, Openda. Qualche anno fa si è parlato anche di un certo interessamento da parte di Red Bull, anche in virtù di un rapporto sempre più stretto tra la multinazionale austriaca e la proprietà georgiana. Il punto è che le connessioni con il Chelsea erano ancora più profonde. Lo hanno dimostrato, lavorando insieme a un’inchiesta, il Guardian e il Bureau of Investigative Journalism: alla fine è venuto fuori che il successore di Jordania, Alexander Chigirinsky, era un socio in affari di Roman Abramovich.

La Federazione olandese ha avviato un’indagine e ha dimostrato che l’ex proprietario del Chelsea ha finanziato – e quindi controllato direttamente – il Vitesse. Lo ha fatto per anni e in realtà starebbe continuando a farlo attraverso il nuovo proprietario, Valery Oyf. Al di là della segretezza – e quindi dell’illegalità – di questi legami, nel frattempo Abramovich è diventato pure uno degli oligarchi russi colpiti dalle sanzioni comminate dal governo britannico e dall’Unione Europea dopo l’invasione dell’Ucraina. In realtà il Guardian scrive che Oyf ha provato a vendere il club fin dall’inizio della guerra, ma non ha trovato acquirenti credibili.

Alla fine, ciò che resta è il disfacimento di un club. Un club che magari non è mai stato così prestigioso, ma che comunque era reduce da oltre trenta stagioni consecutive in Eredivisie e ha partecipato in diverse occasioni alle coppe europee. Un club he pensava di aver svoltato mettendosi sotto l’ala protettrice di Abramovich, e invece si ritrova a un passo dal fallimento proprio a causa di quella scelta. È chiaro, come scrive il Guardian, che «quello del club olandese è un caso davvero estremo: è finito sotto indagine perché nascondeva l’identità del suo reale proprietario, e perché questo individuo è accusato di avere dei legami con Putin». Allo stesso tempo, però, bisogna anche ragionare sulle distorsioni legate alla multiproprietà del calcio. Prima ancora, e sarebbe ancora meglio, sull’affidabilità di chi porta avanti queste multiproprietà.

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