Perché Morata è così odiato in Spagna?

È il capitano della Nazionale che questa sera si gioca l'accesso alla finale di Euro 2024, eppure continua a rilasciare interviste in cui si lamenta per il modo in cui viene trattato nel proprio Paese.

Álvaro Morata è il capitano e l’attaccante titolare della Nazionale spagnola di calcio. In 78 partite con la maglia della Roja ha segnato 36 gol, il primo nel 2015, l’ultimo poche settimane fa nel match d’esordio di Euro 2024 contro la Croazia, e questa sera alle 21 guiderà i suoi compagni nella semifinale contro la Francia con l’obiettivo di accedere all’atto conclusivo del torneo previsto per domenica sera a Berlino. Eppure — comportamento abbastanza insolito per un capitano, soprattutto a pochi giorni da appuntamenti così importanti — continuano a uscire sue interviste, rilasciate proprio a testate spagnole, in cui Morata attacca e critica i suoi stessi tifosi, il suo stesso Paese, minacciando anche di lasciare l’Atlético Madrid (in cui gioca dal 2022) per un possibile ritorno in Italia. Nelle ultime ore, infatti, la squadra più accreditata per acquistarlo è il Milan, alla ricerca di un attaccante titolare dopo l’addio di Olivier Giroud e dopo aver visto sfumare Joshua Zirzkee, ormai destinato al Manchester United.

«In Spagna faccio fatica a essere felice», ha dichiarato Morata al Mundo Deportivo ieri, lunedì mattina, proprio alla vigilia della partita contro la Francia. «Alla fine, c’è sempre qualcuno da qualche parte che dice qualcosa per criticarmi. Sarei più felice in un altro Paese? Sì, senza dubbio. L’ho detto tante volte, soprattutto perché la gente mi rispetta, in Spagna non c’è rispetto per nulla e per nessuno. Per questo sto pensando che forse è meglio che non resti». Già qualche settimane fa Morata sembrava vicino a lasciare l’Atlético per trasferirsi in Arabia Saudita, ma ha rinunciato all’offerta dell’Al Qadisiyah postando anche una foto su Instagram in maglia Colchoneros con la didascalia: «Non riesco a immaginare cosa dev’essere vincere con questa maglietta e non mi fermerò finché non l’avrò». Eppure in pochi giorni le cose sembrano essere cambiate nuovamente, perché, sempre al Mundo, ieri Morata ha aggiunto: «Ho detto che muoio dalla voglia di vincere titoli con l’Atletico, però poi bisogna mettere sulla bilancia ciò che vale la pena e cosa no».

Il 13 giugno, il giorno prima dell’inizio degli Europei in Germania, il centravanti della Spagna aveva concesso un’altra intervista a Marca nella quale aveva espresso concetti simili: «Per me la cosa più semplice è non giocare in Spagna, per la mia vita, per quello che devo vivere quando esco nel nostro Paese. Per me la cosa più semplice è andare a giocare all’estero. Molte volte i miei figli, che hanno cinque anni, non capiscono perché ci sono persone così arrabbiate con il loro papà. La cosa più semplice l’estate scorsa sarebbe stata lasciare l’Atlético». Insomma: anche se i capitani, i leader, spesso dicono quello che provano veramente, senza nascondersi dietro le banali frasi fatte tipiche dei calciatori, e quando capita vanno sicuramente apprezzati, dichiarazioni di questo tipo stridono molto con la tempistica con cui sono state pronunciate.

Ma perché Morata ce l’ha tanto con la Spagna e con i tifosi spagnoli? O meglio, perché la Spagna e gli spagnoli ce l’hanno così tanto con Morata? Se l’è chiesto questa mattina anche il sito spagnolo Relevo, secondo cui questa è una storia che affonda le proprie radici molto lontano nel tempo, circa 25 anni fa, quando un giovanissimo Morata, all’epoca aveva sette-otto anni, vestiva indifferentemente le magliette del Real Madrid e dell’Atlético Madrid, due club tra cui non scorre di certo buon sangue — e abbiamo utilizzato un eufemismo. Non solo: Morata ha giocato in entrambe le squadre della capitale spagnola, e anche nelle due giovanili, e i tifosi di una lo accusano di essere da sempre un tifoso dell’altra (proprio a causa di quelle fotografie da bambino) e viceversa.

C’è anche dell’altro, però, perché le critiche di Morata ai propri connazionali — soprattutto quando veste la maglia della Nazionale, e cioè un simbolo che dovrebbe unire tutto il Paese, al di sopra del personale tifo per le squadre di club — sono cominciate ben prima di Euro 2024. Nel 2021 è stato fischiato dai suoi stessi tifosi durante la fase a gironi degli Europei itineranti disputata proprio in Spagna, a Siviglia, e dopo aver sbagliato il rigore decisivo nella semifinale contro l’Italia l’allora attaccante della Juventus è stato persino minacciato di morte, insieme a tutta la sua famiglia, sui social network. «In campo possono insultarmi, sputarmi, ma non quando sono fuori a passeggiare con mia moglie o i miei figli. Ci sono stati momenti in cui non avevo voglia nemmeno di alzarmi dal letto», rivelò Morata dopo quell’estate, questa volta a El País, «ho detto spesso che ho passato molti momenti brutti e con un’altra mentalità magari sarei potuto essere un giocatore migliore, ma ho anche grande forza di volontà per uscire dai momenti bui, altrimenti non avrei avuto la carriera che ho avuto».

Tifare una squadra piuttosto che un’altra, o ancora aver sbagliato un rigore in una semifinale europea, non sembrano argomentazioni abbastanza valide per motivare tutto quello che sta denunciando in questi giorni e in questi anni Álvaro Morata in Spagna. Per di più se parliamo di un attaccante che a quasi 32 anni è ancora titolare nella sua Nazionale e in una squadra che disputa regolarmente la Champions League, con cui in questa stagione, per esempio, ha segnato 21 gol in 48 presenze. E se è vero che le parole di Morata, da capitano, potrebbero aver destabilizzato l’ambiente alla vigilia di una partita delicata come quella di stasera contro la Francia, anche il ct spagnolo Luis de la Fuente ha preso le difese del proprio numero 7, come riportato sempre da Relevo: «Conoscete già la mia posizione su Morata. Sono d’accordo con quello che dice. Il trattamento riservato a un leader del nostro calcio e capitano della Nazionale è ingiusto. Sono chiaramente al suo fianco». E il caso, come si dice, è chiuso.