I parametri zero non ci rendono più furbi degli altri

Alcuni acquisti possono essere azzeccati, altri no, ma il punto è un altro: economicamente non sono quasi mai delle operazioni vantaggiose.

Le prime due settimane di calciomercato in Serie A somigliano a una partita di Football Manager o una Master League, però del 2016. Il Como è tornato in Serie A e ha aggiunto alla rosa l’esperienza di Alberto Moreno e Pepe Reina, e sta pensando di firmare anche Varane. L’Inter ha rinforzato attacco e centrocampo con Taremi e Zielinski. Il Napoli ha preso Spinazzola per la fascia sinistra e dalla prima amichevole già si può dire che avrà un ruolo importante. E il Bologna sembra interessato a mettere sotto contratto Hummels per la stagione del ritorno in Champions. Sono acquisti molto diversi tra loro, con caratteristiche, carte d’identità e prospettive difficilmente accomunabili. Tutti però rientrano nella categoria più amata e più sfruttata del mercato calcistico italiano: sono acquisti a parametro zero.

È sorprendente che in Italia non ci siano statue di Jean-Marc Bosman, ed è quasi certo che qualche agente, procuratore o perfino direttore sportivo abbia una sua foto in 10×15 sul comodino. Perché i calciatori svincolati grazie alla sentenza Bosman, liberi quindi di accordarsi come vogliono con nuovi club, sono diventati una colonna portante del nostro calciomercato. Non serve entrare nei dettagli per intuire i vantaggi di queste operazioni: non ci sono costi a bilancio per il cartellino, basta questo.

Sui parametri zero c’è chi ha costruito un mito. Come Beppe Marotta, oggi nel gotha dei dirigenti italiani. Tra i protagonisti dell’ultimo scudetto vinto dall’Inter ci sono Cahlanoglu, Mkhitaryan, Thuram, arrivati in nerazzurro da svincolati. I loro stipendi sono stati sostenuti anche con la cessione di Onana, pure lui arrivato a Milano a zero e venduto appena un anno dopo per 60 milioni al Manchester United. In passato, alla Juventus, Marotta aveva già avuto intuizioni simili, sia con uno dei giovani più promettenti d’Europa, un Paul Pogba non ancora ventenne, sia con un veterano che aveva ancora tanto da dare come Andrea Pirlo. È chiaro che vincere titoli aiuta a cementare nella memoria questi grandi colpi: i successi hanno alimentato il mito di Marotta come un Re Mida che vince gli scudetti costruendo le squadre senza tirar fuori un euro, o qualcosa del genere. Ma non tutti i colpi a zero riescono allo stesso modo. All’Inter negli ultimi anni sono arrivati anche Cuadrado, Sánchez, Godín e altri giocatori che hanno portato poco e niente alla causa. Ora bisogna capire cos’avranno da offrire Zielinski e Taremi a una squadra che ha dominato l’ultimo campionato.

Fino a pochi giorni, per l’Inter, fa si parlava anche di Ricardo Rodríguez. Invece alla fine Marotta ha valutato un profilo diverso, un giocatore più giovane come Álex Pérez, arrivato in prestito con diritto di riscatto dal Betis. E, prima che andasse alla Juventus, si faceva anche il nome di Cabal dell’Hellas Verona, come difensore da sviluppare alle spalle di Bastoni – sarebbe stata un’operazione alla Bisseck, per intenderci. Forse sono decisione venute dall’alto, dalla nuova proprietà Oaktree, per questo meno marottiane. Ma una scelta come quella di Pérez ha decisamente un altro significato per il club, rispetto a Rodríguez: vuol dire provare a creare valore per il presente e per il futuro, anziché puntare su un veterano che tra una stagione o due avrà valore di mercato prossimo allo zero, se non zero.

Quest’ultimo punto squarcia il velo di Maya che regge il mito dei parametri zero. Perché un free agent permette di risparmiare cifre enormi, se consideriamo l’inflazione dei costi per i cartellini negli ultimi 15 anni. Solo che questa condizione è nota a tutte le parti coinvolte al momento della trattativa, per cui la richiesta dei giocatori al momento di discutere lo stipendio è sempre più alta. E un contratto più alto, e più lungo, non è solo un peso maggiore sulle casse del club, ma riduce l’appetibilità del giocatore sul mercato. Inoltre abbassa anche il suo interesse a trasferirsi – soprattutto in caso di giocatori a fine carriera – e questo lo rende più difficile da rivendere nel caso in cui ci fosse bisogno di fare cassa o se le cose non dovessero andare bene.

Tutte le operazioni economiche presentano rischi più o meno nascosti. In alcuni casi ci sono delle red flag grandi come una casa, ma in Italia spesso si ignorano se l’operazione è a parametro zero. Un esempio ce l’ha ora in casa il Milan con Divock Origi. Un attaccante che nelle ultime due stagioni al Liverpool aveva giocato 35 partite in tutte le competizioni, segnando appena sette gol, con una media di poco più di 500 minuti in campo ogni anno. Nel 2022 ha firmato con i rossoneri un quadriennale da quattro milioni netti a stagione con i rossoneri, che nel frattempo hanno provato a rigenerarlo anche con un prestito al Nottingham Forest – 20 presenze, appena otto da titolare, mai in campo 90 minuti, un solo gol. Adesso c’è ancora un biennio da smaltire, otto milioni garantiti al giocatore, che però alla soglia dei trent’anni sembra più un peso che altro.

Con la maglia del Milan, nella stagione 2022/23, Divock Origi ha disputato in totale 36 partite segnando solo due gol, contro Monza e Sassuolo in campionato. Al momento è fuori dal progetto tecnico dei rossoneri e si allena con Milan Futuro, la seconda squadra, che parteciperà alla prossima Serie C. (Alessandro Sabattini/Getty Images)

Insomma, i parametri zero sono materiale da maneggiare con cura. In passato in Italia è arrivato un po’ di tutto, anche nomi importanti, alcuni con esiti disastrosi. Ecco un breve elenco: Vidic, Alex, Ashley Cole, Aaron Ramsey, Flamini. Nessuno di loro ha lasciato il segno. Sono arrivati qui in piena banter era della Serie A, quando oltre ai soldi mancavano le idee e il coraggio. Certe operazioni non sono un’esclusiva della Serie A o dell’Italia, le fanno anche i grandi club europee. Il trasferimento di Donnarumma al Paris Saint-Germain lo ricordiamo tutti, e quello di Messi sarebbe ancora più importante; il Barcellona deve molto della sua Liga 2023 a Lewandowski; il Real Madrid quest’anno ha costruito la sua difesa su Rüdiger e ora ha portato Mbappé al Bernabéu.

Eppure c’è sempre il rovescio della medaglia, anche per le migliori squadre d’Europa. Nello stesso Real Madrid, Alaba è stato un grande protagonista della quattordicesima Champions League, quella del 2022, raccogliendo l’eredità di Sergio Ramos. Ma oggi è un trentaduenne con un contratto per altre due stagioni a quasi venti milioni di euro l’anno, sta recuperando dalla rottura del legamento crociato e ha alle spalle una storia di problemi alle ginocchia che, a Madrid, non rassicura nessuno. In più, i Blancos avevano speso già una cifra tra i 20 e i 30 milioni al momento della firma, nel 2022, tra bonus al giocatore e commissione al suo agente. Perché, in fondo, parlare di queste come operazioni a costo zero è un errore di forma: ci sono sempre dei costi aggiuntivi – e ne parleremo tra poco.

È uno dei motivi che, per esempio, sta rallentando la trattativa di Mario Hermoso, prima con l’Inter e poi con il Napoli. Il difensore ex Atlético Madrid chiede un contratto da 4-4,5 milioni, e poi ci sarebbe da pagare commissioni intorno ai cinque milioni. Per cui il peso a bilancio in ogni stagione di contratto non sarebbe leggero, sarebbe quasi come un acquisto tradizionale. Non avrebbe i rischi di un acquisto come quello di Origi, perché le ultime stagioni di Hermoso sono da difensore di primo livello, però è un classe ’95, la spesa sarebbe importante e difficilmente avrà ancora un valore di mercato quando si avvicinerà alla scadenza del prossimo contratto.

Un paio d’anni fa The Athletic aveva fatto il punto su tutte le spese da sostenere quando si firma un giocatore a parametro zero. «Non esiste un trasferimento veramente gratuito», spiegava Manuel Veth, manager di Transfermarkt per il Nord America. «Prendere un qualsiasi giocatore free agent vuol dire pagare le commissioni agli agenti, pagargli lo stipendio, comprargli una casa per trasferirsi in una nuova città. Sono tutti costi che normalmente si aggiungono alla commissione di trasferimento, e che continuano a esistere quando riesci a prendere un calciatore con il contratto in scadenza».

Sappiamo che il Covid ha inciso parecchio nell’esplosione di questo tipo di acquisti, quindi anche nell’aumento delle spese nascoste. Nel 2023 le commissioni agli agenti nel calciomercato mondiale sono aumentate del 6,8% rispetto al 2022. In Premier League hanno toccato quota 478 milioni, ma anche nella più povera Serie A sono stati spesi poco più di 220 milioni, di cui 34 solo dall’Inter e altri 23 dalla Juventus – che è come se avessero speso l’equivalente del costo di un cartellino di un giocatore. Per club che non hanno la liquidità delle monarchie del Golfo, o dei grandi investitori asiatici e americani, sono cifre altissime, che cambiano la valutazione e la prospettiva di certe operazioni di mercato. E se il campionato italiano si riempie di giocatori che hanno uno zero alla voce del costo del cartellino non per forza dobbiamo credere di essere i più furbi del calciomercato mondiale.