«Giocare con due punte è più facile», ha detto Dusan Vlahovic ai microfoni di RSI Il 16 novembre, durante il post-partita di Svizzera-Serbia. Poco dopo ha aggiunto che, con un altro attaccante al suo fianco riesce a sfruttare al meglio le sue qualità, senza stancarsi in pressione. Queste parole, che potrebbero nascondere una velata polemica nei confronti di Thiago Motta, in realtà toccano un tema più ampio: la solitudine della prima punta. Nel contesto tattico complesso del calcio moderno, le richieste per chi gioca in avanti sono diventate infinite. E sostenere da soli il reparto è sempre più difficile. Dunque, Vlahovic ha indicato la sua soluzione: il doppio centravanti. Un’idea tattica che sta tornando di moda in Italia e in Europa.
L’attacco a due punte era sparito dai grandi palcoscenici europei, superata dai tridenti e dalla necessità di avere più giocatori in grado di gestire il gioco. I gol di coppie come Henry-Bergkamp, Inzaghi-Shevchenko o Raúl-Morientes sono diventati rapidamente clip su YouTube da dare in pasto ai nostalgici. Nel frattempo, i sistemi con due attaccanti si sono trasformati nel simbolo di un calcio difensivo e conservatore, privo di creatività. Per anni sono sopravvissuti quasi unicamente nei bassifondi del calcio europeo, tra le squadre dell’inglese Sean Dyche e la lotta salvezza in Serie A. Legati sempre di più a un gioco poco spettacolare. Ma adesso qualcosa sta cambiando.
Per esempio, Lautaro Martínez e Marcus Thuram hanno vinto un campionato dimostrando che si può controllare lo spazio e il pallone pur mantenendo due punte in campo contemporaneamente. Se l’evoluzione del gioco negli anni Duemila ha portato gli allenatori a togliere un giocatore dalla linea d’attacco, perché volevano esercitare il dominio attraverso il possesso, la coppia dell’Inter ha dimostrato e sta dimostrando l’esatto contrario. Sta riaprendo – insieme ad altre coppie, ovviamente – un capitolo che sembrava chiuso definitivamente. I due centravanti dell’Inter non sono solo i rifinitori di un sistema elaborato come quello d’Inzaghi, ma ne rappresentano – soprattutto – il fulcro. La sofisticata costruzione dal basso dell’Inter necessita del lavoro costante di entrambi i vertici offensivi, che grazie ai loro movimenti coordinati aprono e aggrediscono spazi in cui far viaggiare il pallone.
Quella tra Lautaro e Thuram è una coppia d’attacco atipica, estremamente moderna. In cui la complementarità tra i due giocatori non è determinata dall’associazione diretta con il pallone. Anzi, in realtà le due punte dell’Inter non si cercano spesso. La loro intesa è basata sull’armonia straordinaria che hanno l’uno con l’altro, nello spazio e nel tempo. La loro capacità di alternarsi e adattarsi a ogni situazione permette di creare linee verticali che diventano punti di riferimento per i compagni. Inoltre, l’abilità di entrambi di interpretare il gioco in ogni sua forma – spalle o fronte alla porta, in campo aperto o negli spazi più stretti – compiendo sempre giocate di qualità, permette all’Inter di attaccare collettivamente, coinvolgendo tutti.
Inter-Atalanta è stata una partita in cui, come dire, la coppia Lautaro-Thuram ha funzionato piuttosto bene
Mentre Simone Inzaghi è riuscito ad adattare al contesto moderno i due centravanti, rendendoli i protagonisti della manovra, Marco Baroni ha fatto rinascere la Lazio dal caos grazie alla luce di Taty Castellanos e Boulaye Dia. Il 4-4-2 di Baroni oscilla tra il calcio anni Novanta e l’avanguardia, tra classiche sovrapposizioni sugli esterni e un’innovativa padronanza degli spazi, esaltata dalla pressione. Dia e Castellanos interpretano questa originale combinazione grazie a quella che possiamo definire come una connessione creativa. In questo ricordano le coppie d’attacco di una volta, nel senso che esistono uno in funzione dell’altro: inventano tracce di gioco nascoste, come il velo di Castellanos per il gol di Dia contro il Torino, oppure la giocata tutta al volo del senegalese contro il Como per mandare El Taty in porta.
Ma rappresentano anche la contemporaneità, grazie a un’estrema mobilità che permette loro di relazionarsi con le ali, muovendosi lungo tutta la trequarti offensiva: i due attaccanti galleggiano su un’asse verticale. in teoria Castellanos ricopre il vertice più alto mentre Dia lavora in raccordo, ma la verità è che le due punte di Baroni si scambiano costantemente i ruoli, associandosi tra di loro e con i compagni, con uno dei due che attacca continuamente la profondità. Mantenendo sempre l’obiettivo finale: riempire insieme l’area di rigore.
Non male il velo
Il doppio centroavanti, in fondo, racchiude l’essenza più primordiale del calcio: riduce il gioco al suo midollo, lo semplifica a un duello tra due attaccanti e due difensori. Le coppie – quasi per istinto – ci fanno tornare in mente i ricordi delle nostre partitelle due contro due su un campo improvvisato, in spiaggia o per strada. È un ritorno a una dimensione più elementare, quando pensavamo che la quintessenza del pallone risiedesse nel tiro sincronizzato tra Oliver Hutton e Tom Becker. I tifosi dell’Eintracht Francoforte, più o meno, vivono la stessa esperienza quando vedono giocare insieme Hugo Ekitiké e Omar Marmoush. «Sono capaci di inventarsi gol dal nulla, creando pericoli da un momento all’altro», ha detto in conferenza stampa il loro allenatore, Dino Toppmöller. E così li ha descritti al meglio. Ciò che li contraddistingue è la loro naturalezza tecnica, la capacità spontanea di creare una giocata improvvisa per poi associarsi con il compagno. Qualità fondamentali in un sistema estremamente diretto e verticale come quello dell’Eintracht.
Ekitiké e Marmoush stanno travolgendo la Bundesliga, portando il Francoforte a uno dei migliori inizi della sua storia, contribuendo, tra gol e assist, a 25 reti su 26 totali. Per intenderci, in questa stagione sono nettamente tra le migliori coppie per xGA e xG ogni 90 minuti, come potete vedere nel grafico qui sotto.
[Europe’s Dynamic Duos, 24/25 till mid-Nov break]
— Marmoush-Ekitike shining in a 2-CF system
— Lewandowski-Raphinha reignited under Flick
— Palmer-Jackson building something special
— Haaland-Savio & Kane-Gnabry nice winger-CF combosWhich duo has been most exciting to watch? pic.twitter.com/1YqRLAnNfB
— The Devil’s DNA (@TheDevilsDNA) November 16, 2024
Ekitiké, francese ed ex PSG, pur essendo alto 191 cm, riesce a inventare tracce estemporanee dribblando gli avversari, muovendo il pallone con rapidità e sensibilità. Tra i due è lui che ha il compito di scandire e trasformare il tempo dell’azione, accelerando inaspettatamente, aprendo varchi da far percorrere al compagno. Così, a 22 anni, dopo diverse stagioni passate tra difficoltà e grandi aspettative, oggi ha finalmente trovato una dimensione dove esaltarsi.
Allo stesso modo, l’egiziano Marmoush, venticinquenne, è probabilmente il giocatore più sorprendente d’Europa: ha già segnato undici gol e sette assist in Bundesliga. La chiave del suo gioco si trova nella forza di due gambe esplosive, nascoste dal baricentro basso e da una corporatura che non dovrebbero appartenere a una prima punta. Ed è grazie a queste caratteristiche che tira fuori l’agilità e l’elasticità che gli permettono di essere sempre davanti al difensore, sia con la palla sia senza.
Soprattutto, Omar Marmoush calcia come pochi altri, con violenza e precisione. Ogni tiro che esegue è accompagnato da una visibile tensione muscolare: i polpacci si gonfiano, i glutei si contraggono, la gamba d’appoggio si inclina per calibrare l’effetto, mentre l’altra si slancia verso la porta. Non a caso, è anche un mago delle punizioni. Così, ancora una volta, l’Eintracht sta fabbricando delle nuove punte da rivendere, ovviamente a prezzo altissimo, alle big europee. Dopo Jovic, André Silva, Haller e Kolo Muani, Francoforte continua a essere un posto perfetto per crescere come attaccanti. E adesso, in aggiunta, si sono accorti che i centravanti vanno aiutati e sostenuti, non abbandonati. Perché come ha detto Vlahovic, giocare in coppia è semplicemente «più facile».
Che la doppia punta sia un sistema ideale per sviluppare le qualità dei propri giocatori offensivi, d’altronde, è una convinzione ormai radicata anche a Brighton e a Lipsia. Due squadre che hanno fatto della valorizzazione del talento la propria identità. E in questa stagione entrambe stanno continuando a proporre un attacco con due centravanti. Šeśko e Openda del Red Bull Lipsia formano una coppia ormai celebre e celebrata a livello internazionale, abilissima nel riempire il centro del campo per poi lanciarsi verso l’area avversaria. La doppia punta per natura crea densità nei corridoi centrali, sfruttando la possibilità di lavorare sulle seconde palle. Obbliga così la difesa avversaria a correre all’indietro, spingendola verso il basso. E questo, per esempio, è uno dei motivi per cui Moise Kean sembra un giocatore nuovo da quando viene schierato in coppia con Beltraán o Gudmundsson, pronti a lanciarlo in profondità.
Infine, schierare un doppio attaccante in realtà non riduce il lavoro in pressione, anzi. In alcuni casi le coppie d’attacco facilitano una transizione rapida tra possesso e riconquista, grazie alla presenza avanzata di due giocatori. Sistemi come quello del Brighton di Hürzeler, costruiti per attuare il gegenpressing, il recupero immediato e organizzato del pallone nelle zone alte del campo, trovano grande beneficio dal doppio attaccante. Così, giovani talenti come Rutter, Ferguson e João Pedro si stanno pian piano imponendo sulle Premier League, impattando in tutte le fasi di gioco. Insomma, la doppia punta non deve rappresentare necessariamente la soluzione ideale per la Juventus o per Vlahovic. Ma è un’opzione tattica sempre più diffusa, capace di produrre risultati eccellenti anche ai massimi livelli. E abbiamo capito che il suo ritorno, sia in Italia che in Europa, non è casuale.