Oggi il Real Madrid affronta il Pachuca nell’ultimo atto della (nuova, stranissima) Coppa Intercontinentale. Il fatto che una squadra messicana sia arrivata in finale, per altro a spese di quella sudamericana, non deve sorprendere più di tanto: per quanto il Brasile abbia creato un abisso competitivo e quindi economico rispetto a tutti gli altri Paesi americani – non a caso il Botafogo campione in Libertadores è stato il nono club diverso del Brasilerão a conquistare il trofeo negli ultimi 15 anni – a causa di diversi cambiamenti strutturali e regolamentari, la Liga MX continua a crescere, a prosperare. Anzi, si può dire che il campionato messicano sia proprio l’unico in grado di competere realmente con quello brasiliano, sia a livello di qualità che di rilevanza sul mercato internazionale.
In questo articolo, Marca ha spiegato come e perché il campionato messicano risulti così ricco e così avanzato rispetto alle altre leghe americane. Anche in questo caso è una questione di configurazione economica: i club della Liga MX hanno proprietà private e molto ricche, tra le squadre più importanti solo i Pumas appartengono ai loro stessi tifosi (come succede per esempio in Argentina) e quindi attraggono tantissimi talenti da altri Paesi. Primi tra tutti, naturalmente, quelli ispanofoni del Sud America: Argentina, Colombia, Uruguay. I numeri sono piuttosto significativi: se guardiamo solo ai roster della prima divisione, la quota complessiva è di 170 stranieri; se espandiamo il discorso anche alle serie inferiori, superiamo quota 200. Secondo Renato Martínez, vicepresidente di Roc Nation e mediatore di diversi trasferimenti verso il Messico, soprattutto per quanto riguarda giocatori brasiliani, «il Messico assumerò un ruolo sempre più significativo nel calciomercato mondiale. È una questione finanziaria e quindi tecnica, ma anche legata agli eventi».
Lo scenario è abbastanza chiaro: la Liga MX è un torneo economicamente solido, che esercita un certo fascino su molti calciatori stranieri, principalmente sudamericani, ed esprime club discretamente competitivi. Sembra tutto perfetto, ma in realtà proprio questa condizione è come se stesse mettendo un freno allo sviluppo del movimento messicano. Soprattutto se guardiamo alla Nazionale Tricolór, alle prese con una vera e propria carestia di talento e, di conseguenza, con una conclamata crisi di appeal, persino rispetto ai suoi stessi tifosi. A pensarci bene, è facile capire quale e dove sia il problema: la ricchezza delle società di Liga MX, come detto, apre molti spazi agli stranieri e quindi offre poco spazio ai talenti locali. Quei pochi che ci sono, ed è proprio questa la cosa peggiore, si vedono precludere il trasferimento in Europa. L’ex ct Tata Martino, in questo senso, ha detto delle frasi lapidarie: «Sono le squadre messicane a bloccare la crescita del movimento: non permettono ai giocatori migliori di andare in Europa, chiedono un sacco di soldi».
Qualche tempo fa, proprio per cercare di dare nuovi impulsi a un sistema in fase di stagnazione, il presidente della Federcalcio messicana – Juan Carlos Rodríguez – aveva varato un nuovo, vastissimo progetto di rinnovamento calcistico. Il problema, però, è che la struttura e quindi l’essenza stessa della Liga MX non danno grandi margini di manovra alla Federazione. Ed è un problema piuttosto serio, soprattutto se consideriamo che la Nazionale del Messico è guidata un ct 66enne, l’intramontabile Javier Aguirre, e ha a disposizione solo tre calciatori che militano in club dei campionati più importanti del mondo, ovvero Raúl Jiménez (Fulham), Edson Álvarez (West Ham) e Johan Vásquez (Genoa). Come dire: non proprio il miglior viatico possibile per un Paese che ospiterà la fase finale della prossima Coppa del Mondo.