Il trasferimento di Coppola al Brighton è già ufficiale, quello di Ruggeri all’Atlético Madrid lo diventerà presto. A quel punto, è inevitabile, questi due affari saranno raccontati e commentati passando per la solita retorica, quella delle squadre di Serie A che perdono talento, che cedono i loro migliori giovani all’estero, per altro nello stesso arco temporale in cui il nostro campionato accoglie i vari De Bruyne, Modric, Dzeko. Ovviamente è tutto vero, nel senso che Atalanta e Verona si sono ritrovate nella condizione di non poter rifiutare le proposte arrivate dalla Spagna e dall’Inghilterra. E lo stesso discorso vale anche per i giocatori, attratti da contratti presumibilmente più alti e da un upgrade significativo anche dal punto di vista sportivo: non è lesa maestà pensare e dire che la dimensione di Atlético e Brighton sia superiori rispetto a quella dell’Atalanta e Verona.
Detto questo, però, bisogna anche uscire dalla logica medievale – si potrebbe dire anche preistorica, vista la velocità con cui si evolve il calcio – per cui Ruggeri e Coppola sarebbero dovuti rimanere in Serie A. A maggior ragione quando la Nazionale italiana, come dire, non vive il momento più florido della sua storia a livello di talento disponibile, di valore assoluto. Anzi, da questa prospettiva i trasferimenti di Ruggeri e di Coppola sono due ottime notizie: il punto non è che vanno all’estero, il punto è che andranno a giocare in contesti in cui le ambizioni sono più alte, in cui gli avversari sono più forti. Certo, si potrebbe discutere sul fatto che le big del nostro campionato non abbiano pensato a Ruggeri e a Coppola, ma allora non è un problema di sistema, è un problema che riguarda Inter, Juventus, Napoli e Milan. Che magari pagheranno anche un gap economico rispetto alla stragrande maggioranza delle società di Premier e rispetto ai top club degli altri Paesi, ma magari non avevano bisogno di Ruggeri e Coppola, avevano quegli slot già occupati e/o hanno già pianificato operazioni diverse per il loro mercato.
E allora, per dirla con poche parole, ben venga che due prodotti dei vivai italiani vadano a giocare all’Atlético Madrid e al Brighton. Lo dimostrano anche i casi di Tonali e Vicario, di Calafiori e Udogie, giocatori che in Premier League hanno trovato la loro dimensione e si sono imposti come da anni non succedeva a degli italiani. A pensarci bene, pure Donnarumma ha chiaramente beneficiato di un trasferimento all’estero. E allora forse è arrivato il momento di ribaltare un attimo la visione delle cose: anziché lamentare l’incapacità di trattenere i migliori giocatori, bisognerebbe apprezzare la capacità di costruirli, di valorizzarli. In questo senso, i percorsi di Ruggeri (23 anni da compiere a luglio) e di Coppola (22 da compiere a dicembre) devono essere considerati come degli esempi virtuosi, non come delle occasioni mancate. Dopotutto siamo in un’era in cui tutte le Nazionali più forti – Argentina e Francia in testa, ma anche Portogallo e Spagna, per non parlare del Brasile – sono composte da molti giocatori che militano in leghe di altri Paesi, soprattutto in Premier League. Il fatto che anche i club italiani stiano riuscendo a esportare i loro talenti è un segnale importante, magari diventerà un impulso per il nostro movimento. Anche raccontare il mercato in questo modo, in questo senso, potrebbe essere un’idea, potrebbe essere un aiuto.