Spalletti meritava un’altra grande occasione, ma aggiustare la Juventus sarà un’impresa complicata

L'ex ct possiede le qualità e il carisma che servono per imporsi nel mondo bianconero, per cambiare l'identità della sua nuova squadra. Ma la sua nuova squadra è quella giusta per le sue idee?
di Alfonso Fasano 29 Ottobre 2025 alle 12:28

A conti fatti, e riguardando le cose a distanza di mesi, l’esperienza con la Nazionale è stata l’unico fallimento nella carriera di Luciano Spalletti – almeno quella ai massimi livelli. Sì, certo, magari gli anni alla Roma e poi quelli di Napoli hanno avuto un impatto maggiore rispetto alle stagioni vissute all’Inter, ma ciò che è successo sulla panchina degli Azzurri deve essere considerato come una sorta di buco nero, come un bug di sistema, oppure – meglio ancora – come il frutto di un matrimonio fondato su incastri sbagliati, per non dire inesistenti. In virtù di tutto questo, e al di là delle ripetute dichiarazioni dello stesso Spalletti sulla sua perdurante e inarrivabile delusione, l’ex tecnico della Nazionale meritava un’altra grande occasione. Per riscattarsi, innanzitutto, ma poi anche per verificare una delle teorie utilizzate per “motivare” il suo disastro come ct: quella per cui un allenatore come Spalletti ha bisogno di lavorare quotidianamente con i suoi giocatori, per poter incidere.

Da questo punto di vista, la Juventus ha – e quindi è – un terreno di coltura molto promettente. Se il grande problema dell’era-Tudor è stato un evidente scollamento tra le idee del tecnico croato e la sua squadra, e lo è stato, Spalletti avrà praticamente il dovere di importare e impartire nuove direttive, nuovi concetti. Verrebbe quasi da dire che il nuovo allenatore della Juve sia stato scelto proprio per questo, per avviare una rivoluzione che non riesce proprio a compiersi, per dare un’identità nuova alla squadra bianconera. Un’identità fondata su un calcio sofisticato, di qualità, più moderno rispetto alle sue versioni storiche.  Non che Thiago Motta e Tudor, dopo la fine dell’Allegri-bis, non ci abbiano provato. Il punto, a pensarci bene, è proprio questo: i progetti iniziati e falliti nelle ultime due stagioni, per quanto molto diversi tra loro, rispondevano all’ambizione/esigenza di trasformare la Juventus in modo profondo. Si può dire, usando un termine in parte fuorviante ma significativo, di “attualizzarla”. È solo che gli stessi Motta e Tudor non hanno saputo reggere a certe pressioni, prima di tutte quelle per cui la Juventus impone ai suoi allenatori di avere risultati immediati, ed è come se avessero perso il polso della squadra.

Con Spalletti, questa ipotesi muore sul nascere. Perché parliamo di un allenatore con una dimensione e un carisma di primissimo livello, a volte addirittura straripante, di un uomo che, snocciolando frasi a effetto entrate nell’immaginario collettivo, ha cercato/saputo difendere le sue idee in momenti delicatissimi come l’addio di Totti alla Roma e la rottura tra Icardi e l’Inter, che ha vinto uno scudetto a Napoli mentre litigava più o meno segretamente con Aurelio De Laurentiis. Spalletti, quindi, non dovrebbe/potrebbe farsi problemi ad atterrare sul mondo-Juve dicendo che qui, adesso, si fa come dico io, imponendosi con un atteggiamento duro che potrebbe scongiurare subito un’eventuale crisi di rigetto.

Allo stesso tempo, però, c’è anche da dire che la Juventus è una bestia difficile da addomesticare. Al di là della rivoluzione in corso a livello societario e di management sportivo, di cui occorrerebbe parlare al di là dei cambi in panchina, Spalletti sta per ereditare una squadra che ha funzionato poco, si può dire anche male, con allenatori dagli approcci molto diversi tra loro. Abbiamo già detto che l’ex ct ha la scorza per poter imporre le sue idee come se fosse un caterpillar, falciando ogni resistenza interna ed esterna, ma poi non è detto che queste idee siano quelle giuste per la rosa della Juve. Per i giocatori che ci sono quest’anno. È un discorso puramente tattico, ma che potrebbe avere un impatto sull’intero progetto. Giusto per capire cosa intendiamo, poniamo un dubbio/quesito per reparto: Gatti, Kelly e Bremer, se e quando il brasiliano rientrerà, sono i centrali giusti per la difesa medio-alta e che gioca la palla da dietro cercando corridoi interni per i centrocampisti, marchio di fabbrica del calcio di Spalletti? Thuram, Locatelli e Koopmeiners sono dei centrocampisti che sanno applicare i principi del calcio relazionale visto a Napoli tra il 2021 e il 2023? Vlahovic, Yildiz e David sono degli attaccanti che allungano e allargano costantemente le difese avversarie, altra idea ricorrente nella carriera del loro prossimo tecnico?

Insomma, per dirla in poche parole: Spalletti, almeno potenzialmente, è la scelta migliore per aggiustare la Juventus. Ma non è detto che sia quella giusta, visto che in partenza ci sono dei dubbi, o comunque non c’è certezza sull’aderenza tra le sue idee – o almeno: tra quelle che sono state le sue idee – e le caratteristiche dei giocatori su cui dovrà lavorare. Certo, rispetto a quanto successo con la Nazionale avrà più tempo per farlo, per insistere, per entrare nelle teste e nei cuori dei suoi calciatori. Ma non è detto che basti, non è detto ci riesca, di certo è complicato pensare che possa riuscirci subito. E alla Juventus, beh, questo è un problema grosso. Anzi: è il problema. Ed è difficile, per non dire impossibile, risolverlo utilizzando il carisma e delle frasi a effetto.

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