Nuovo rinascimento italiano

Davide Frattesi, Claud Adjapong, Alessandro Plizzari: la nuova Under 21 non ha paura delle responsabilità.

Mentre si lasciano scattare le foto che vedete in queste pagine, Claude Adjapong, Davide Frattesi e Alessandro Plizzari alternano risate ed espressioni serie, sorrisi studiati e sguardi artificiali e parole in libertà. Riconoscono che ogni momento ha un peso e un significato diversi: una dote fondamentale per un calciatore di alto livello, in campo e fuori. Dopotutto il calcio è il loro gioco ma anche il loro mondo, e questa commistione si nota perfettamente quando compare un pallone durante il servizio fotografico e loro dimenticano quello che stanno facendo e pure tutto il resto, lo fanno volteggiare in aria dentro una stanza chiusa che in realtà non ci sarebbe spazio, invece riescono a scambiarselo molte volte senza farlo cadere; mentre palleggiano fanno il verso ai loro allenatori, dicono “a due tocchi!” oppure “fai cose semplici!”, le istruzioni più basilari e forse più banali di un mister, quando invece si stanno solo divertendo un po’ e non dovrebbero rispettare nessuna regola.

È il lessico del lavoro che entra in un momento privato, un momento di gioco, sovrapposizione continua e forse inevitabile nella vita di ragazzi che hanno poco più o poco meno di vent’anni, eppure devono già essere in grado di amministrare e coltivare il proprio talento, di interagire con i media, con i compagni, con i loro club e con i procuratori, con gli sponsor, con degli staff composti da circa cinquanta figure professionali diverse, tecnici, dirigenti, medici, massaggiatori, magazzinieri. E poi devono comprendere ciò che funziona e ciò che invece andrebbe migliorato in loro stessi ma anche nel loro contesto, alcune circostanze dipendono dall’impegno nel lavoro quotidiano e dal rendimento in campo, ma ci sono anche delle sovrastrutture su cui possono avere un’incidenza limitata.

In virtù di tutto questo, anche quando rilasciano un’intervista sono costantemente alla ricerca di un equilibrio dialettico, devono dosare consapevolezza e autocritica, speranza e analisi del mondo che li circonda. Adjapong, Frattesi e Plizzari vivono una condizione molto particolare: sanno di essere forti, sanno di far parte di un gruppo elitario, quello dei calciatori più promettenti d’Italia, non a caso sono arrivati fino alla Nazionale Under 21, ma sono anche coscienti che la loro carriera è appena all’inizio, quindi è ancora tutta da definire.

Plizzari è severo con se stesso: «Arrivo a sgridarmi da solo quando mi rendo conto che un dettaglio del mio gioco non è perfetto»In questo senso, l’atteggiamento lucido di Alessandro Plizzari riguardo il suo status e i suoi obiettivi è emblematico, perché descrive perfettamente la nostra era. Una ricerca mirata su Youtube con il nome e cognome del 19enne portiere del Livorno (in prestito dal Milan) restituisce come primo risultato un video con un titolo abbastanza impegnativo, per cui Plizzari sarebbe “The most talented goalkeeper in the world”; eppure Alessandro sembra essere concentrato solo sul suo sviluppo, anzi confessa di essere molto severo con se stesso, e ha aggiunto che secondo lui l’autocritica è un meccanismo di protezione necessario in questo momento della sua carriera, ma anche per tutti i calciatori di questa epoca: «Sono il primo ad arrabbiarmi, arrivo anche a sgridarmi da solo quando commetto un errore, quando mi rendo conto che un dettaglio anche piccolo del mio modo di giocare non è perfetto. Il calcio è pieno di incertezze, poi oggi c’è molta fretta nei confronti di noi giovani. In un attimo ti portano su, ma se non riesci a rispettare le attese rischi di tornare giù con la stessa velocità. Perciò l’unica cosa che possiamo fare per rispondere a questa pressione è restare calmi e dare il massimo ogni giorno in allenamento, cercare di individuare i nostri punti deboli, lavorarci e migliorare il più possibile».

Claud Adjapong ha partecipato a uno stage della Nazionale maggiore, nel 2017

La fretta di cui parla Plizzari non regola solo il rapporto tra i club e i giocatori giovani, ma anche quello tra i giocatori giovani e il loro percorso professionale. Nel calcio moderno gli standard anagrafici sono dilatati in entrambe le direzioni, per cui oggi una carriera ai massimi livelli dura decisamente più a lungo rispetto al passato, ma deve anche essere avviata e consolidata in tempi più brevi. Claude Adjapong, per esempio, ha esordito in Serie A con il Sassuolo nel 2017, quando aveva 17 anni e 10 mesi ed era al termine di un lungo percorso di formazione vissuto interamente con il club neroverde.

«Sono sicuro che i giovani calciatori italiani non abbiano nulla in meno rispetto a quelli delle altre nazioni», dice Claud AdjapongNell’ultimo campionato, anche a causa di alcuni problemi fisici, è stato utilizzato poco da De Zerbi (tre partite da titolare più due da subentrato per un totale di 270 minuti di gioco in Serie A), allora ha preferito accettare il trasferimento in prestito all’Hellas Verona pur di trovare maggiore spazio in campo, pur di non perdere tempo e terreno nel suo percorso di affermazione: «È stata una decisione difficile», spiega, «andare via dopo 11 anni fa male. Poi Sassuolo è casa mia, io sono cresciuto nella squadra ma anche nella città, quindi è stato ancora più complicato. Però era arrivato il momento di cambiare, a 21 anni ho avvertito il bisogno di giocare il più possibile, ed è un discorso che ovviamente non riguarda solo me, ma anche i miei compagni. Io sono sicuro che i giovani italiani non abbiano nulla in meno rispetto a quelli delle altre nazioni. Certo, tutti hanno un proprio percorso da fare, magari alcuni calciatori ci mettono più tempo per esplodere, ma credo anche che le squadre di Serie A debbano concedere più occasioni ai ragazzi che crescono nei settori giovanili, come succede da molti anni nelle altre leghe europee».

Alessandro Plizzari è entrato nel settore giovanile del Milan nel 2006, quando aveva sei anni

La Serie A è un campionato storicamente poco inclusivo con i giovani, ma per fortuna il cambiamento auspicato da Adjapong è già iniziato: nell’edizione 2018/19, 58 calciatori Under 23 – di cui 22 italiani – hanno accumulato oltre 1000 minuti in campo. È la terza quota nelle cinque leghe top in Europa, nella graduatoria specifica la Serie A segue la Ligue 1 (83) e la Bundesliga (67), ma precede Liga (54) e Premier League (43). Questo tentativo di costruire una nuova cultura giovanile è inevitabilmente connesso alla crescita delle Nazionali minori, reduci da risultati molto positivi negli ultimi anni: tra il 2018 e il 2019, l’Italia ha raggiunto il quarto posto al Mondiale Under 20, la finale degli Europei Under 19 e la finale degli Europei Under 17 per due volte. È evidente che ci sia una trasformazione in atto, che stiano nascendo degli spazi nuovi, e che ci sia una cifra di talento importante nella nuova generazione di calciatori italiani.

«Con i miei compagni ci conosciamo da quattro anni, è come se la Nazionale fosse diventata un club», racconta Davide FrattesiDavide Frattesi è stato uno dei giocatori che ha vissuto questo processo dall’interno, l’ha fatto e lo sta facendo da protagonista: titolare inamovibile agli Europei Under 19 giocati un anno fa e ai successivi Mondiali Under 20, ha esordito con l’Under 21 a settembre 2019, segnando due gol nel test amichevole contro la Moldavia – la prima partita di Paolo Nicolato, ex commissario tecnico dell’Under 20, sulla panchina dell’Under 21. Il centrocampista dell’Empoli, club di Serie B a cui si è aggregato in prestito dal Sassuolo, ha spiegato come un percorso di questo tipo, così lineare, così continuo, sia stato importante per il gruppo di calciatori che sta cercando di affermarsi, e in qualche modo possa segnare l’inizio di una nuova era: «Sono ormai quattro anni che stiamo crescendo insieme nelle varie squadre Under. Siamo molto affiatati, in questo modo è come se la Nazionale fosse diventata un club. Il fatto che ci conosciamo così bene ci ha permesso e ci permette di annullare la mancanza di lavoro quotidiano».

Frattesi è di proprietà del Sassuolo ma gioca nell’Empoli, in Serie B: tre gol e un assist nelle prime 12 giornate di campionato

Così diventa più facile fare buoni risultati: «Noi ci siamo riusciti, proprio i nostri risultati parlano chiaro: il gruppo dei giocatori italiani nati nel 1998, nel 1999 e nel 2000 ha mostrato di possedere grande qualità e di poter avere grandi prospettive per il futuro. Ora c’è un nuovo ciclo nell’Under 21, sappiamo che fare bene da ora in poi può essere determinante per tutti, non solo come crescita personale, ma anche di tutto il movimento. Vogliamo che l’Italia e i club di Serie A facciano come avviene negli altri Paesi europei, dove i giovani sono più considerati, hanno più occasioni per andare in campo».

Adjapong, Frattesi e Plizzari vivono da dentro questo nuovo rinascimento italiano. Hanno grandi ambizioni: vogliono insistere, completare la rivoluzione, prendersi tutto lo spazio che gli viene concesso, anzi, vogliono crearne di nuovo. È come se volessero forzare il contesto attuale attraverso la loro affermazione, basata sul talento, sui risultati e sul merito. Forse hanno riconosciuto che questo, per il calcio italiano, può essere il momento giusto. Per loro stessi, e per cambiare strada.

Dal numero 30 di Undici