Steffi Graf, l’arte della solitudine

La campionessa tedesca raccontata nel nuovo libro di Elena Marinelli.

Appesa la racchetta al chiodo, i miti del tennis non smettono di fiondarsi a rete, sollevare trofei ai quattro angoli del mondo o piangere rivolti al cielo. Compiono ancora queste azioni all’infinito, nei libri che ripercorrono tappa per tappa, scambio per scambio, le loro epopee e le loro solenni uscite di scena. Ogni biografia di un grande tennista è legata alle altre biografie più di quanto si creda, le biografie si completano a vicenda, si integrano e costruiscono tutte insieme il grande romanzo del tennis che negli ultimi anni – grazie alla spinta del successo planetario della biografia di Andre Agassi – genera sempre più interesse nei lettori.

Steffi Graf, scritto da Elena Marinelli, appena pubblicato da 66thand2nd, oltre a raccontare vita, trionfi e precipizi di una delle più iconiche figure del tennis femminile tra gli anni Ottanta e Novanta, è un tassello importante di questo esteso mosaico in movimento. Nel raccontare gli anni della “prodigiosa stella timida di Germania Ovest” lascia intravedere la possibilità di leggere il libro in modo trasversale, tenendo sempre d’occhio le sfidanti, le nuove generazioni di tenniste che si affacciano nei tornei e scandiscono le epoche del tennis.

Dopo Open (Einaudi) o Inarrestabile: La mia vita fin qui (Einaudi) di Maria Sharapova, o Rafa. La mia storia (Sperling & Kupfer), non è una sorpresa constatare il peso del padre di Steffi Graf, Peter, nella sua vicenda sportiva. Padre e madre giocano a casa e Steffi li guarda. Poi padre e figlia giocano tra loro in casa, tra lampadari che vanno in pezzi e corde tese nel nulla: «Nella vita di Steffi, è il suo primo insegnante, sostenitore, accompagnatore ufficiale, controllore, mentore e per molti anni l’unica persona a cui Steffi riferisce per ogni aspetto della sua vita che riguarda sia il privato, sia la carriera. In quel primo periodo di allenamenti brevi, i due scommettono molto e il premio in palio sono cose da mangiare che Steffi adora». Anni prima di fulminare le avversarie sull’erba scintillante di Wimbledon, Steffi colpisce la palla a casa cinquanta volte di seguito per conquistare i suoi snack preferiti, i bastoncini salati Salzstange e il dolce Flambage, o per aggiudicarsi feste in salotto con gelato, fragole e musica.

La parabola di Steffi Graf è apparentemente quella di molti sportivi: la scoperta precoce del talento, l’arrivo dei primi sponsor, l’interesse dei media, la morbosità dei media, il progressivo allontanamento dalla vita reale e la scarsezza di amicizie; una vita che sembra spesso ripiegarsi su se stessa, diventare ossessiva, assumere ritmo e stile monacale se non fosse per la disponibilità di soldi a palate, il successo internazionale, tanta fama, e proposte folli: «Il conferimento dello status di diva arriva quando Don Johnson, tifoso di tennis e di Steffi, le chiede di partecipare a Miami Vice, con una piccola parte, ma Peter declina, come molti altri inviti, perché la bambina deve concentrarsi su Wimbeldon».

Se le vite pubbliche delle copertine dei tabloid si assomigliano tutte, la vita intima degli sportivi di successo cambia da carattere a carattere. L’intento del libro di Elena Marinelli sembra proprio quello di volere andare oltre il mutismo di Steffi Graf, riempiere le lacune delle dichiarazioni laconiche. Le pagine paiono attraversate dal tentativo di dare voce a una vita di silenzi, a quella “arte della solitudine” praticata da Steffi: «Di sé Steffi Graf dice poco o niente». Come risolvere l’enigma di una personalità sfuggente? Di una ragazza che acquista una casa di tre piani a SoHo, New York City, e non espone né trofei né fotografie delle partite?

Steffi Graf ha vinto 22 titoli del Grande Slam, il primo nel 1987 e l’ultimo nel 1999; inoltre ha completato il Golden Slam – la vittoria dei quattro tornei dello slam e della medaglia d’oro olimpica nel torneo singolare – in un solo anno, il 1988. Nessun altro tennista, uomo o donna, ha mai compiuto la stessa impresa (Gary M. Prior/ALLSPORT)

Per dare un volto alla vera Steffi, Elena Marinelli analizza tutti i momenti cruciali: Steffi Graf che diventa la numero uno del mondo, il primo Wimbledon della sua carriera, l’amicizia con Lady Diana, la vittoria del Golden Grande Slam – evento unico nella storia del tennis –, gli infortuni, i fidanzati, le acrobazie tennistiche: il libro è una carrellata interminabile di break point, doppi falli, ace, rovesci vincenti e dritti a rete, tante descrizioni minuziose di punti eleganti, forza bruta e finali con colpi di scena.

La figura mitica e a volte drammatica di Steffi Graf, spesso appare infelice e rassegnata, si arricchisce di dettagli suggestivi, come quando la vediamo nascondersi al Museo d’Orsay di Parigi – uno dei suoi pittori preferiti è Claude Monet – e frequentare «gallerie d’arte e musei appena ne ha l’occasione». La vita ritirata culmina con l’uscita dal palcoscenico, alla quale seguono la malattia e la morte di Peter, la vita a Las Vegas con il marito Andre Agassi, la dedizione con cui si consacra all’organizzazione non profit, Children For Tomorrow.

Da questo libro si esce convinti che per comprendere i tennisti bisogna fissare i loro avversari. Per avvicinarsi a Steffi Graf è fondamentale vederla riflessa nelle tenniste che aveva davanti, le sue sfidanti fanno da specchio alla sua personalità, la assorbono tanto quanto la plasmano: «L’onda di Steffi si sta gonfiando, con i suoi tempi: lo puoi vedere negli occhi di Chris Evert, nella tensione espressiva di Martina Navrátilová, nella concentrazione e a volte nel timore delle altre, prima di una seconda di servizio o nel tentativo di contenere l’ormai proverbiale dritto». Di fatto ogni avversaria ne ha svelato un tratto rimasto latente, e l’ha costretta a cambiare tipo di gioco. Steffi Graf non è altro che il risultato delle battaglie con Gabriela Sabatini «l’altro enfant prodige del tennis femminile dell’epoca», delle battaglie con Monica Seles che riesce a spodestarla e a diventare numero 1 del mondo –  «un’altra storia è possibile dopo Steffi Graf» – le battaglie con Arantxa Sánchez Vicario e alla fine con Martina Hingis «un animale nuovo, all’apparenza costruita senza sbavature, capace di imporre una certa forma di autorevolezza anche su di lei».

Niente più della coltellata in campo a Monica Seles, durante una partita con Steffi, è in grado di mostrare come i corpi solitari dei tennisti formino in realtà un organismo fatto di tanti corpi. La vicenda Seles diventa un buco nero, capace in inghiottire luci e ombre di quegli anni, aleggiando come un fantasma in tutti i tornei. La coltellata – di un fan squilibrato di Steffi – è una ferita che fa sanguinare tutte le protagoniste. Oggi vediamo ancora giocare tenniste che hanno incontrato a rete Steffi Graf, un giorno le loro biografie continueranno a parlarci di lei.