Chi è il Real Madrid d’Asia, che contenderà il Mondiale per Club al vero Real Madrid

Storia dell'Al Hilal, il club saudita che ha cambiato per sempre il calcio mediorientale.

In una significativa intervista di qualche anno fa, il tecnico ligure Diego Longo (una definizione non banale la sua, suffragata com’è da una lunga e vincente esperienza in Arabia Saudita), ha descritto l’Al Hilal come: “Il Real Madrid d’Asia”. Sabato 11 febbraio, allo stadio Moulay Abdallah di Rabat, saranno proprio i Blancos, allenati da Carlo Ancelotti, e gli Al-Zaʿīm (soprannome della squadra originaria di Riyad), guidati dall’argentino Ramón Diaz, a disputare la finale del Mondiale per Club 2022.

Fondato nell’ottobre del 1957 (seppur inizialmente noto con il nome di Olympic Club), l’Al Hilal rappresenta una delle compagini più vincenti ed ambiziose del panorama calcistico asiatico; non per caso, nel 2009, venne definita, dal prestigioso organo di ricerca IFFHS (International Federation of Football History and Statistics) come “Asia’s Club of the Century”. La squadra, attualmente, è la perfetta incarnazione, in una dimensione prettamente calcistica, delle indomabili ambizioni della monarchia saudita, tesa ad utilizzare l’appeal internazionale del calcio come mezzo di rinnovamento socioeconomico ed arma di soft power diplomatico. Nessun elemento, infatti, possiede oggi più fascino attrattivo e potenza universale dello sport, in particolare attraverso le sue due più grandi manifestazioni che monopolizzano l’attenzione dell’opinione pubblica del mondo globalizzato: i Mondiali di calcio e le Olimpiadi estive, forgiate dallo spirito aristocratico francese dei De Coubertin e dei Rimet. Ad onor del vero, va anche sottolineato il fatto che i Blu di Riyad vantavano, nel loro nutrito palmarès, trofei nazionali, regionali e continentali ben da prima dell’avvento al potere di Moḥammad bin Salmān, Primo ministro del paese dal 28 settembre 2022 (l’autentico demiurgo che si muove, con abilità machiavellica, per rendere il più ‘accettabile’ possibile l’immagine del paese di fronte all’opinione pubblica internazionale).

L’Al Hilal ha vinto il campionato saudita per 18 volte ed insieme ad Al-Ittihad (club con sede a Jeddah) ed Al-Nassr (balzato agli onori delle cronache, nelle ultime settimane, per l’arrivo di Cristiano Ronaldo) è una delle uniche 3 società ad aver partecipato, in maniera continuativa, alla Saudi Professional League (prima divisione) dal momento della sua istituzione (1976). Gli Al-Zaʿīm, nomignolo traducibile come “I Leader”, possono contare anche 9 King’s Cup (competizione nazionale che in caso di vittoria garantisce l’accesso all’Asian Champions League), 13 Crown Prince’s Cup (la più antica coppa saudita, abolita nel 2017), 7 Saudi Federation Cup (prima che la competizione venisse dedicata esclusivamente alle sezioni giovanili delle squadre), 3 Supercoppe nazionali e la storica Saudi Founder’s Cup (giocata nel 1999-2000 dai 152 club professionisti sauditi per celebrare il centenario del regno).

Qualche decennio prima degli ambiziosi investimenti della Qiddaya Investment Company, posseduta al 100% dal Public Investment Fund (il celebre PIF, fondo che ha in cassaforte la bellezza di 430 miliardi), pronto a finanziare per i prossimi 20 anni Al-Nassr ed Al Hilal, i Blu di Riyad sono stati anche una delle primissime compagini asiatiche a potersi permettere l’acquisto di calciatori e allenatori provenienti dal “Lontano Occidente”. Roberto Rivellino, ala brasiliana con origini italiane, considerato l’inventore del celebre gioco di gambe conosciuto comunemente come elastico, ha vestito per 4 anni, con discreto successo, la maglia del club tra il 1978 ed il 1981. Al quotidiano brasiliano Folha de S.Paulo, l’estroso fuoriclasse brasiliano ha raccontato di aver chiesto alla proprietà della squadra, al suo arrivo in Arabia Saudita, una Mercedes, scatenando la giustificata ilarità dei principi sauditi. Se per il giocatore paulista quell’auto rappresentava un sogno, per loro, l’auto di lusso era semplicemente un’inezia, vista la potenza sterminata dei petrodollari, su quali prospera la loro forza economica e politica livello globale.

Il fascino del club passa, infatti, irrimediabilmente attraverso la ricchezza del Regno. I potentati della regione, grazie all’oro nero (l’Arabia Saudita detiene il 17% delle riserve conosciute di petrolio e soddisfa da sola circa un decimo della domanda mondiale) possono permettersi di investire senza dover porsi limiti di alcun genere. È delle ultime ore la notizia che vuole il Principe Al-Walid bin Talal (nipote del defunto re saudita Abdullah) pronto a regalare un milione di Riyal (valuta saudita) ad ogni calciatore protagonista della storica vittoria nella Semifinale della Fifa World Cup arrivata contro il Flamengo. Un’ulteriore cifra bonus verrà offerta alla squadra nel caso dovesse arrivare uno storico trionfo nella sfida di sabato contro il Real Madrid.

Matteo Spatafora, attualmente membro dello staff tecnico dei greci del PAOK FC, ha lavorato per 3 anni all’Al Hilal diventando parte integrante del gruppo di lavoro che ha affiancato il tecnico Răzvan Lucescu – (figlio di Mircea Lucescu) – alla guida della squadra. In un’intervista rilasciata al quotidiano Avvenire, per spiegare i successi ottenuti storicamente dagli Al-Zaʿīm, il ragazzo originario di Chiavari ha parlato di: «Calciatori di grande livello provenienti da ogni angolo del mondo che, se integrati nella giusta maniera, permettono di ottenere risultati incredibili».

Da decenni ormai, l’Al Hilal, a differenza della stragrande maggioranza delle compagini asiatiche, infatti, può contare su una rosa composta da un blocco di calciatori nativi, ma anche da un gruppo di stranieri di primissimo livello. Oggi, ad esempio, lo starting eleven allenato da Ramón Diaz può contare su un reparto d’attacco quantomai variegato: il maliano Moussa Marega, il nigeriano Odion Ighalo, l’argentino Luciano Vietto, il peruviano Andrè Carrillo, il brasiliano Michael… Ai quali si vanno ad aggiungere il centrocampista della nazionale colombiana centrale Gustavo Leonardo Cuéllar ed il difensore sudcoreano Hyun-soo Jang.