L’effetto-Ranieri esiste davvero, sono i giocatori che hanno lavorato con lui a dirlo in maniera chiara e incontestabile: il tecnico della Roma lavora a partire dai rapporti personali, crea connessioni e sinergie tattiche a partire da quelle umane. Questo, però, non vuol dire che il suo calcio sia un puro e semplice trionfo dell’amicizia, nel senso che molte delle sue scelte – tattiche e di formazione – sono forti, radicali, contro-intuitive e perciò inattese. Prendiamo proprio le ultime settimane della Roma, una squadra che ha messo insieme 19 risultati utili consecutivi, un intero girone senza mai perdere: Ranieri ha varato un 3-5-2 atipico in cui Soulé agisce come quinto di centrocampo, non come trequartista o seconda punta – nonostante la lunga assenza di Dybala. Contestualmente, anche grazie a questo nuovo assetto, la squadra giallorossa ha recuperato dall’oblio giocatori come Shomurodov, sbolognato in prestito a La Spezia e a Cagliari nelle ultime due stagioni, oppure come Celik, trasformato in efficace braccetto di destra in una retroguardia a tre.
Ecco, queste ultime mosse sono l’apice di un capolavoro che va avanti da mesi e di cui forse non si parla abbastanza, di un capolavoro che è iniziato il 22 dicembre scorso: pochi giorni dopo la sconfitta di Como, la Roma batte il Parma per 5-0 e risale fino al decimo posto dopo aver occupato anche la 15esima posizione. I punti di svantaggio sul quarto posto sono proprio 15, numero del destino, e la rimonta sembra un’impresa impossibile. Eppure, e qui sta il capolavoro di Ranieri, da quel momento in poi la squadra giallorossa si è evoluta in maniera spesso impercettibile ma continua, ha riscoperto risorse importanti all’interno del suo organico, ha fatto mercato a gennaio senza ricavarne un reale impatto (Salah-Eddine, Rensch, Nelsson e Gourna-Douath hanno fatto poche comparsate) ma questo non ha rallentato la sua crescita, il suo sviluppo. Poi, come dire, i risultati aiutano a creare entusiasmo, sono il miglior propellente possibile quando c’è da risalire la classifica. E la Roma questo entusiasmo l’ha sfruttato appieno, fino ad agguantare il quarto posto a tre giornate dalla fine. E solo un’espulsione di Hummels dopo pochi minuti ha pregiudicato un cammino molto promettente in Europa League.
Viste tutte queste premesse, viene da chiedersi: va bene celebrare il lavoro eccellente di Ranieri, ma non è che la fine (troppo?) anticipata del progetto-De Rossi e l’evidente incompatibilità tra Juric e la Roma ci abbiano fatto sottostimare l’effettivo valore della rosa giallorossa? Non è che una squadra in cui giocano Svilar, Mancini, Ndicka, Angeliño, Koné, Cristante e Dovbyk, oltre ovviamente a Dybala, debba porsi come obiettivo la lotta per entrare in Champions? La risposta a queste domande è sì, nel senso che un disastroso avvio di stagione ha fatto in modo che la Roma fosse raccontata e percepita come una squadra costruita male, totalmente allo sbando. Anche qui, proprio qui, va ricercato il vero effetto-Ranieri: l’allenatore giallorosso ha restituito ordine e serenità a tutto l’ambiente, così ha cancellato gli isterismi e le incongruenze del passato. Anzi, il vero paradosso della Roma 2024/25 è che ha iniziato a volare nonostante l’ennesimo infortunio di Dybala, dopo intere stagioni in cui la verve dell’attaccante argentino sembrava essere l’unica fonte di creatività offensiva. Con questo non stiamo dicendo che la Roma sia una squadra più forte senza Dybala, ma che il lavoro – tattico, mentale, emotivo, anche mediatico – di Ranieri ha permesso alla squadra giallorossa di affrancarsi dal suo miglior giocatore.
E poi, molto semplicemente: il fatto che Svilar, Koné, Ndicka e soprattutto Angeliño stiano vivendo una grande annata, il fatto che Dovbyk sia arrivato a 17 gol stagionali nonostante le critiche, il fatto che Soulé stia facendo vedere dei chiari spiragli di alta qualità, oltre ai “recuperi” miracolosi di Shomurodov e Celik, ecco tutto questo va ricondotto all’intuito e all’intelligenza di Ranieri, al suo modo pragmatico ma non speculativo di vedere il calcio, al suo realismo. In questo senso i continui riferimenti alla sua uscita dal progetto-Roma, al nuovo allenatore in arrivo, alla vita che lo aspetta come pensionato e come senior advisor giallorosso, sono un’ulteriore conferma: Ranieri sa perfettamente che il suo compito si esaurirà a breve, che sarebbe un peccato “sporcare” il ricordo di questa stagione e di questa rimonta con un’appendice chiaramente forzata. Allo stesso tempo, però, quello che abbiamo visto quest’anno ci fa pensare e dire: perdere un allenatore così è davvero uno spreco, è davvero un peccato.