È di nuovo tempo di campionato: sabato la Serie A riparte con due anticipi, Roma-Udinese e Juventus-Fiorentina. I bianconeri sono i favoriti d’obbligo e inseguono uno storico sesto scudetto di fila, ma i giallorossi, insieme al Napoli che debutta a Pescara, non staranno a guardare. C’è la nuova Inter di De Boer che riparte dal Chievo, e poi il Milan che incrocia subito Mihajlovic, sulla panchina del Torino. Gli spunti di interesse sono tanti, li abbiamo raccolti in queste sette domande.
Il destino del campionato è già scritto?
Più che una domanda, è il sospetto che covano un po’ tutti. La Juventus era la squadra più forte e oggi, nonostante la partenza di Pogba, probabilmente lo è ancora di più. Anche perché mai avevamo assistito a un’estate in cui una squadra di Serie A scippa alle maggiori rivali gli elementi migliori, un po’ come fa il Bayern in Bundesliga (e con il Borussia Dortmund in particolare). Lo strapotere dei bianconeri mescola ambito sportivo ed economico, perché le due cose si tengono insieme vicendevolmente. Per affollamento di campioni, abitudine a vincere e profondità della rosa, la Juventus è una spanna sopra le altre. Il salto di qualità della Vecchia Signora in questi ultimi anni ha spostato l’asticella sempre più in alto. Creando una discrepanza con le rivali anche sul piano degli obiettivi: le altre puntano allo scudetto, i bianconeri alla Champions.
Ma non sarà un monologo juventino, e il campionato non è già deciso. Questa Serie A sa esprimere ottime realtà: Napoli e Roma continueranno sulla scia di quanto fatto di buono lo scorso anno, l’Inter è un punto interrogativo ma ha puntellato la squadra con un mercato delizioso, e anche la classe media ha contribuito a innalzare la qualità e l’interesse del campionato. Forse non basterà a scompaginare le gerarchie della Serie A, ma Napoli e Roma terranno il discorso aperto fino all’ultimo: molto dipenderà dagli ultimi ritocchi del mercato, che dovranno garantire a Sarri e Spalletti alternative affermate ai titolari, e in subordine dalle distrazioni europee che potrebbero frenare la Juventus. A prescindere dalla classifica finale, qualità chiama qualità, e i benefici interesseranno l’intero campionato.
L’amichevole del Napoli vinta 4-1 contro l’Hertha Berlino
Le milanesi hanno vissuto un’altra estate di passione: torneranno da subito nell’élite calcistica?
La polvere dei ribaltoni estivi non si è ancora depositata, e la confusione non aiuta certo a costruire squadre immediatamente vincenti. L’obiettivo della Milano calcistica è tornare in Champions e restituire il grande calcio a una città tenuta a stecchetto da troppo tempo. Ma Juventus, Napoli e Roma sono ancora davanti: forse è prematuro pensare a un exploit di una tra Inter e Milan, meglio raccogliere tutto quello che c’è di buono per gettare le basi di progetti credibili.
È pur vero che l’Inter ha costruito una squadra interessante e flessibile a ogni esigenza tattica, ma avrà bisogno di tempo per cercare un’identità che Mancini non è mai stato in grado di assicurare. De Boer arriva con entusiasmo, ma anche con parecchie incognite: per i tempi sfalsati, ovvio, ma anche perché dovrà fare i conti con un calcio che gli è totalmente estraneo. Viceversa, il mercato del Milan è stato ampiamente al di sotto delle attese e, con tutta probabilità, nemmeno Montella saprà invertire il trend degli ultimi anni. Magari a gennaio parleremo di un’altra squadra, ma, per ora, bisognerà ricreare affiatamento e una mentalità vincente che le recenti delusioni hanno annacquato.
Chi ha condotto finora il mercato migliore?
Per il discorso di poc’anzi: la Juventus ha un obiettivo più ambizioso della sola vittoria del campionato, e la competizione risulta impari. Non si tratta solo degli acquisti di Higuaín e Pjanic: la Juve è davanti alle altre perché ha una rosa, e non solo l’undici titolare, di altissima qualità. Benatia darà il cambio alla BBC, Dani Alves aggiungerà maggior temperamento ed esperienza, Pjaca garantirà freschezza e fantasia e permetterà ad Allegri di avere possibilità di variazioni tattiche. In attesa del nuovo nome che sostituirà Pogba a centrocampo.
Tra le altre, il miglior colpo, per necessità, qualità e costi è quello di Banega all’Inter. Serve non solo per la sua intelligenza calcistica superiore, piazzandosi in un centrocampo dove mancava qualità, ma anche per le sue capacità di leadership e personalità, altro tallone d’Achille dell’Inter dello scorso anno. Sistemate le caselle dei terzini, un attacco Candreva-Icardi-Perisic è da primissimi posti (con Joao Mario e Jovetic pronti a subentrare): fare meglio era difficile. Il Napoli si è mosso bene ma non ha fatto il massimo: ottimo Milik, ottimi Tonelli, Zielinski e Giaccherini per allungare la panchina, ma serve di più, in ogni reparto, per infastidire la Juventus e gestire al meglio il doppio impegno. E né Milik né Gabbiadini risolvono il problema della partenza di Higuaín: pensare che una squadra di vertice possa reggere una stagione intera senza attaccanti da potenziali 20 gol, affidandosi al collettivo, è utopia. Che poi è anche il rebus della Roma: se Dzeko ingrana, si può pensare in grande. Grande lavoro in difesa con due buonissimi acquisti come Vermaelen e Bruno Peres. Ma a centrocampo Pjanic va rimpiazzato: d’accordo il rientro di Strootman, ma l’idea Borja Valero, anche se difficile, fa capire che i giallorossi hanno bisogno proprio di quel tipo di giocatore.
Il Banega ammirato nell’ultima Copa America
E se invece la Serie A trovasse un Leicester?
Difficile, se non impossibile. In Italia c’è una redistribuzione del denaro molto meno omogenea rispetto all’Inghilterra, e in Spagna succede più o meno la stessa cosa. In Italia i risultati quasi sempre rispecchiano le risorse a disposizione e premiano le capacità manageriali. Ed è difficile sconvolgere i piani in un campionato con un’attenzione tattica condivisa da tutti. Il Leicester, oltre ad approfittare di una vacatio regis propiziata dal fatto che tre grandi club come City, United e Chelsea avessero un allenatore alla porta, ha sbancato con un piano tattico molto semplice e lineare. In Italia, probabilmente, sarebbero state trovate molto più in fretta adeguate contromisure. La Serie A è valida per un allenatore più di altri campionati perché sa di non potersi accontentare delle soluzioni trovate, ma ha bisogno di aggiornarsi continuamente: per esempio, Antonio Conte ha abbandonato il 4-2-4 che era stato suo marchio di fabbrica nei primi anni da tecnico, e stesso percorso ha seguito Ventura a Torino.
Perciò, dietro le grandi, chi farà parlare di sé?
La classe medio-alta non ha cambiato moltissimo. Il Sassuolo è avanti per quanto fatto vedere lo scorso anno, e da lì deve ricominciare: una società solida, un allenatore che fa giocare bene una squadra eterogenea, poche pressioni. Matri può essere l’attaccante giusto, anche se pesano le partenze di Vrsaljko e Sansone. La Fiorentina ha sciupato un’occasione per fare il salto di qualità: la squadra è rimasta invariata, con i suoi pregi e i suoi limiti. Che, ovviamente, andavano smussati, e non si capisce granché delle situazioni Rossi e Gomez. Potrebbe essere l’anno del Torino: il ciclo Ventura era finito e Mihajlovic è la persona giusta cui affidare una squadra di talento. Prendere Iago e Ljajic significa non solo assicurarsi due ottimi calciatori, ma anche puntare sull’esplosione di Belotti, che dalle invenzioni dei due ex romanisti dovrà trarre ispirazione: i 12 gol dello scorso anno sono ampiamente migliorabili.
Lo scorso anno due neopromosse su tre sono retrocesse. Quale destino per Cagliari, Crotone e Pescara?
Come il Bologna lo scorso anno, il Cagliari ha alle spalle un progetto solido che dovrebbe metterlo al riparo dalle dinamiche della zona retrocessione. Su un’intelaiatura discreta, come Storari, Ceppitelli, Murru, Farias e Sau, ha inserito giocatori non solo di categoria, ma di grande esperienza come Bruno Alves, Isla, Padoin e Borriello. Ha in panchina un ottimo tecnico come Rastelli, pur alla prima esperienza in A, e mantenere la categoria dovrebbe essere un obiettivo ampiamente possibile. In attesa, nei prossimi anni, di crescere ulteriormente.
Più a rischio le posizioni di Crotone e Pescara, che non possono certamente andare oltre la salvezza. Gli abruzzesi hanno qualcosa in più, anche a livello di organico: Campagnaro, Memushaj, Verre e Caprari. Rispetto all’anno scorso mancherà Lapadula, sostituito da Manaj, però l’impianto di gioco di Oddo è efficace e bello da vedere, e le speranze salvezza sono tutt’altro che remote. Viceversa, il Crotone è, con il Palermo, la squadra più debole al via del campionato. I due protagonisti della promozione, Budimir e Ricci, hanno salutato, così come l’artefice dell’impresa, Juric, passato ad allenare il Genoa. È stato preso un tecnico distante dal credo tattico del croato, Davide Nicola, fino allo scorso dicembre sulla panchina del Bari. Bravissimo a curare la fase difensiva, difetta nel dare un’identità di gioco, e con un attacco ad oggi sulle spalle di Tonev, Simy e Palladino, guadagnarsi i punti salvezza sarà un’impresa enorme. Le altre che rischiano: la situazione societaria in divenire a Palermo non aiuta a essere sereni, il ds Faggiano è entrato in corsa e ha urgente bisogno di rinforzare la squadra. Anche a Udine si è fatto troppo poco, anche se Iachini potrebbe essere il migliore tra gli innesti possibili. Dopo l’addio di Sarri, Empoli dovrà reggere a quello di Giampaolo: l’arrivo di Gilardino non ripaga però dalle partenze dolorose di Tonelli, Zielinski e Paredes.
L’atto finale degli ultimi playoff di Serie B, che hanno premiato il Pescara
Titolo capocannoniere: Higuaín si ripeterà?
È più difficile perché alla Juventus troverà un contesto di squadra diverso: non gli si chiede di segnare ancora 36 gol, ma di segnare quelli che contano. In definitiva, dovrà elevare il tasso di pericolosità della squadra, ma le reti dovranno essere condivise con i compagni. A Napoli il Pipita aveva l’intero peso dell’attacco su di lui, a Torino dovrà essere bravo a integrarsi in una disposizione offensiva dove Dybala (lo scorso anno 19 reti) e Mandzukic (10) non gli faranno certo da comprimari. Non è detto che sia un compito più facile rispetto all’esperienza partenopea.