Il crollo fisico e tecnico dell’Italia femminile agli Europei

Un'eliminazione che nasce sul campo, e che va analizzata in maniera severa ma costruttiva.

L’atteggiamento migliore che si può tenere nei confronti della Nazionale – e del movimento – femminile in questo momento di sconforto è quello dell’analisi, possibilmente costruttiva. Ovvero: la cosa migliore da fare è analizzare quello che è successo e spogliare le analisi di ogni retorica, parlare con serenità e severità degli errori commessi, delle cose che non hanno funzionato agli Europei. Perché qualsiasi eliminazione ai gironi, con zero vittorie e due soli gol segnati in tre partite, nasce e si concretizza sul campo. Certo, su questo risultato hanno pesato e pesano anche gli errori e le mancanze delle istituzioni, di chi doveva e deve costruire il futuro. Ma è fin troppo evidente che le due sconfitte e il pareggio ottenuti contro Francia, Islanda e Belgio siano stati il frutto di ciò che è successo sui prati verdi degli impianti inglesi che hanno ospitato le Azzurre, quello su cui si sono allenate e quelli su cui hanno giocato tre delle più brutte partite dell’era-Bertolini. È giusto cominciare proprio da lei, dal commissario tecnico, dalle sue decisioni strategiche e tecniche: Bertolini ha la responsabilità di aver schierato un’Italia dalla tenuta fisica a dir poco approssimativa, una condizione che ha depotenziato fin da subito ogni idea tattica; il pressing è stato disorganico e quindi disordinato, la costruzione dal basso non è mai stata fluida, le verticalizzazioni offensive sono state quasi sempre frettolose e imprecise.

Dopo la – preventivabile – sconfitta iniziale contro la Francia, poi, Bertolini ha scelto di rivoluzionare la squadra per la gara contro l’Islanda, in pratica ha sconfessato le scelte fatte in sede di convocazione e poi per la gara d’esordio. Solo che dopo è tornata di nuovo indietro – al netto dell’esclusione di Sara Gama – per il match decisivo contro il Belgio. Questa confusione ha finito per compromettere ulteriormente degli equilibri che erano già piuttosto precari, visto che le prestazioni delle sue giocatrici erano nettamente meno efficaci rispetto al passato recente e meno recente.

Proprio la parabola di Sara Gama, se vogliamo, racconta un’altra importante parte di verità: siamo ben lungi dal volerla eleggere come capro espiatorio di questa sconfitta, ma va detto anche che, nelle prime due partite, la sua involuzione è stata evidente; tutto ciò che l’ha resa un grande difensore e quindi una colonna della Nazionale e della Juventus – il tempismo nelle chiusure, l’intelligenza di posizionarsi al posto giusto in campo, la capacità di marcare bene le avversarie come di costruire il gioco da dietro – è come se fosse stato opacizzato da una condizione fisica e quindi anche mentale ben al di sotto dei suoi stessi standard. Con lei, per lei, questa mancanza è venuta fuori in maniera fragorosa, evidente, visto che parliamo di un difensore, ma lo stesso identico discorso andrebbe fatto – e quindi lo facciamo – per molte delle sue compagne, per Girelli, Bonansea, Giugliano. Le componenti del gruppo storico.

Gli highlights di Italia-Islanda 1-1, la partita che ha compromesso in maniera definitiva il cammino delle Azzurre agli Europei

È qui che nasce, e va analizzato, un altro aspetto importante di ciò che è successo in Inghilterra: la riconoscenza di Bertolini per il suo gruppo storico, quello che ha firmato – e sta ancora firmando, questo bisogna dirlo – la storica qualificazione al Mondiale 2019, poi l’approdo ai quarti nel torneo iridato giocato in Francia tre anni fa, la qualificazione a questi Europei e quella ai prossimi Mondiali – in questo momento l’Italia è al primo posto nel suo girone eliminatorio, e ha due punti di vantaggio con la Svizzera. Confermare di nuovo lo stesso gruppo di convocate, e di titolari, era l’unica scelta possibile? Le potenziali eredi di questa ottima generazione di calciatrici sono ancora così lontane da una reale competitività?

La risposta a questa domanda, ovviamente, non c’è. Nella rosa delle pre-convocate per gli Europei c’erano Annamaria Serturini, Chiara Robustellini, Angelica Soffia, Anastasia Ferrara, Giada Greggi, Chiara Beccari, tutte calciatrici sotto i 24 anni anni che poi non sono state inserite nella lista definitiva, per scelta tecnica o anche per problemi fisici di alcune di loro; Manuela Giugliano, Agnese Bonfantini, Maria Luisa Filangeri, Arianna Caruso, Martina Piemonte e Martina Lenzini hanno meno di 25 anni ed erano in Inghilterra, e in fondo anche Bergamaschi, Galli, Simonetti, Di Guglielmo e Durante hanno esattamente 25 anni, quindi sono un patrimonio da sfruttare per il futuro. Insomma, c’è una base di talento su cui lavorare, da cui ripartire, su cui – a questo punto – è giusto provare a investire in maniera più convinta, avviando una vera transizione tra le veterane dell’ultimo ciclo e le protagoniste di quello che verrà. Per il bene di questa Nazionale, ma soprattutto per il bene delle Nazionali che verranno. È un discorso che è stato fatto, più o meno allo stesso modo, anche per la rappresentativa maschile dopo l’incredibile altalena tra Europei 2020 e mancata qualificazione ai Mondiali in Qatar. È il momento di fare le stesse analisi anche per l’Italia femminile: come detto, è la cosa più bella e più giusta da fare per questa squadra, per questo progetto.