Jude Bellingham al Real Madrid è uno degli affari più eccitanti degli ultimi anni

Il centrocampista inglese può aspirare a raccogliere l'eredità di Modric e Kroos?

Di Jude Bellingham si sa già tutto, com’è normale che sia per un ventenne della nostra epoca che abita nel giro dei più forti. E che, peraltro, in questo giro ci abita già da qualche anno. Non c’è niente di nuovo o di misterioso nel nuovo e prossimo fenomeno del calcio inglese appena passato al Real Madrid per poco più di cento milioni di euro. Sono già state scritte e ripetute all’infinito le storie che lo raccontano meglio: il suo legame con la città natale, Stourbridge, l’esordio in prima squadra – quando era ancora un sedicenne – con il Birmingham City, il gol vittoria nel debutto casalingo contro lo Stoke City, la cessione al Borussia Dortmund che ha evitato il fallimento del club, il numero di maglia ritirato dal Birmingham City subito dopo il suo addio, l’impatto incredibile con la Bundesliga e la Champions League prima ancora di diventare maggiorenne. E c’è anche un tratteggio del personaggio pubblico, con le playlist musicali piene di classici anni Sessanta, Settanta e Ottanta, Pulp Fiction come film preferito, la fascinazione per Zinédine Zidane, le doti da leader e la faccia tosta che gli hanno messo addosso la fascia di capitano del Borussia e la maglia numero 10 della Nazionale inglese.

Bellingham è già tutto qui. E anche per questo il suo acquisto, per il Real Madrid, ha senso su più livelli di comprensione. Il primo è che si tratta di un giocatore fortissimo già adesso, di un talento puro, del miglior centrocampista che i soldi possono comprare, tutto questo al di là del rendimento che avrà nei prossimi anni al Bernabéu. Ma è anche un 2003, cioè è abbastanza giovane da entrare in lista per il Golden Boy al fianco di ragazzini che ancora devono affermarsi tra i professionisti, e questo lo rende l’investimento più sicuro per mettere le fondamenta di un altro ciclo vincente per i prossimi anni.

A gennaio il ct della Nazionale italiana, Roberto Mancini, aveva citato Bellingham per spiegare le difficoltà del nostro calcio nel lanciare i giovani. In pratica ne aveva fatto il parametro di riferimento per descrivere un calciatore giovane e già troppo forte per non essere protagonista in campo: «Abbiamo almeno quattro o cinque calciatori con queste qualità e livello, bisogna solo dargli la possibilità di giocare e dargli fiducia. Un ragazzo fa degli errori, bisogna aspettare un pochino. Ce ne abbiamo di Bellingham». Se queste parole sono il riflesso dei nostri rimpianti, in Inghilterra Bellingham è esattamente quello che il football britannico vorrebbe vedere quando si guarda allo specchio, il prototipo del centrocampista totale. A quest’ultima definizione è legato anche uno dei miti fondativi del suo personaggio, quello sul suo numero di maglia preferito, il 22 – adesso abbandonato in cambio del 5 che fu di Zidane, un’altra scelta bella pesante. Quando era nell’Academy del Birmingham, a dodici anni, Bellingham disse al suo allenatore, Mike Dodds, di voler giocare da numero 10. La risposta che ottenne fu solo leggermente insolita: «Penso che tu possa essere un 22», ovvero una somma algebrica tra il numero 4, cioè il mediano, l’8, cioè la mezzala, e il 10, ovviamente il trequartista. Uno di quegli aneddoti belli da raccontare nella costruzione mediatica di un personaggio, un aforisma che sintetizza in poche parole la completezza calcistica di Bellingham. Un concetto vasto spiegato molto bene un video pubblicato a novembre dal canale YouTube della Bundesliga:

Nel video sopra, intorno al minuto 2:40, dopo un suo gol si sente il telecronista urlare il suo nome, poi dice che siamo di fronte a un giovane ragazzo che ogni giorno, partita dopo partita, diventa sempre migliore

Se fosse un 4, Bellingham sarebbe apprezzato per come copre gli spazi davanti alla difesa, per la mole di interventi difensivi che compie in una partita e in un campionato, per il fatto che vince i duelli usando il fisico contro avversari più leggeri. Giocando spesso con almeno un altro mediano, però, Bellingham viene valorizzato soprattutto per il suo lavoro da centrocampista box-to-box, per come cerca e legge lo spazio in avanti, per gli allunghi senza palla, la distribuzione a tutto campo e gli inserimenti in area. Solo che in altre situazioni sembra uno di quei trequartisti che può giocare da fermo, perché ha la capacità di telecomandare l’ultimo passaggio, o il penultimo, che a volte è anche più importante. Volendo trovargli un difetto, in un articolo sul Guardian Philip Lahm ha scritto che Bellingham non ha ancora definito il suo ruolo e non sa bene cosa diventerà da grande: «Vedo un pericolo nel fatto che non ha ancora definito il suo ruolo. Deve ancora ritagliarsi uno stile che le persone possano riconoscere solo a lui. Non è ancora chiaro come intenda il suo ruolo». Ma sono problemi che tutti i centrocampisti vorrebbero avere.

Non è detto che il Bellingham visto finora tra Birmingham, Dortmund e Nazionale inglese avrà lo stesso impatto anche sul Real Madrid, un luogo in cui la quotidianità può diventare più simile a quella di un reality show che a una squadra di calcio. Però è interessante notare che uno dei migliori giovani centrocampisti europei sia finito proprio nella squadra che ha avuto – e ha ancora – due dei migliori centrocampisti degli ultimi quindici anni, Kroos e Modric, più un set nuovissimo di giovani già pronti a prendere il loro posto, in attesa di capire se potranno davvero essere all’altezza di chi li ha preceduti. Una rosa che al momento non ha ancora una forma chiara potrebbe diventare qualsiasi cosa nelle mani di un tecnico che ama dare massima libertà posizionale ai suoi giocatori.

In questo senso, Bellingham è un acquisto potenzialmente golosissimo per il Madrid e per chi lo allena: già dal precampionato si può intuire che Jude Bellingham apre un caleidoscopio coloratissimo di soluzioni tattiche a Carlo Ancelotti, basti pensare che nell’amichevole con il Milan si è vista un prima soluzione inedita, vale a dire Bellingham schierato da 10 dinamico in un rombo, prima con una punta di ruolo (Joselu) e una seconda punta più leggera (Brahim Díaz), poi alle spalle di Vinícius e Rodrygo in una combo di talenti giovanissimi e super verticali. Al momento sembra la soluzione migliore per una squadra che fa fatica a portare chili e centimetri nell’area avversaria, ma Ancelotti potrebbe proporre soluzioni alternative, per esempio Bellingham in posizione di mezzala o anche da esterno destro, per sfruttare il suo fisico come un rullo compressore sulla fascia, magari per schiacciare un terzino troppo leggero.

L’acquisto di Bellingham sembra segnare anche l’inizio di un percorso diverso del Madrid, anche se in realtà il suo arrivo si innesta in modo naturale, quasi automatico, nella politica attuata da Florentino Pérez negli ultimi sei o sette anni. Rispetto ai veterani Kroos e Modric, infatti, Jude è ancora un po’ a disagio nelle situazioni tattiche più statiche, si esprime meglio in un gioco più verticale e aggressivo – proprio come Camavinga, Valverde, Vinicius e tutti quelli che saranno i suoi compagni di squadra nel Real Madrid del futuro. E questo è uno degli aspetti più interessanti di questo trasferimento: la squadra che sta nascendo apre una finestra sul calcio dei prossimi anni, un gioco in cui la tensione verticale e aggressiva conosce una sola tacca possibile, quella massima concessa al corpo umano. Oggi i principali compiti di costruzione nella squadra di Ancelotti sono ancora demandati a Kroos e Modric, due centrocampisti che, per età e chilometraggio accumulato. preferirebbero palleggiare a ritmi contenuti. Ma Modric e Kroos sono una minoranza in spogliatoio, e nell’ottica di un lungo ricambio generazionale i blancos si affideranno all’atletismo esplosivo di Camavinga, Valverde e Tchouameni, oltre che Bellingham: il più anziano dei quattro, Valverde, compirà trent’anni nel 2028. Nei piani del club questo sarà il motore della squadra a lungo, con la possibilità di costruire tutta la rosa intorno a giocatori di grande talento, in grado di adattarsi a diversi sistemi e soluzioni.

Kroos e Modric, con Carvajal, Lucas e Nacho, sono adesso gli unici veri rappresentanti di un decennio vincente – grosso modo dalla Décima del 2014 al doblete del 2022 – in cui il Madrid ha mantenuto più o meno intatto lo scheletro della squadra, godendosi il lungo prime di un gruppo solido formato da Marcelo, Ramos, Benzema, Cristiano Ronaldo, Asensio, Casemiro, Isco, Carvajal, Bale, Varane. La storia sembra doversi ripetere adesso, solo con una strategia di mercato diversa: con la promozione di Juni Calafat al ruolo di Capo Osservatore il Real Madrid seleziona i migliori giovani del mondo, portandoli a Valdebebas prima che i prezzi diventino inaccessibili anche per la Casa Blanca. In questo senso Bellingham è una piccola eccezione, visto il costo del cartellino. Ma gli acquisti di Arda Güler – fantasista turco classe 2005 – e dell’ultimo wonderkid brasiliano Endrick – classe 2006 acquistato sedicenne, arriverà dal Palmeiras la prossima estate – dovranno completare una rosa in cui verosimilmente per molti anni potranno convivere Militao, Fran García, Vinicius, Rodrygo, Brahim Díaz e quel pacchetto di centrocampisti giovanissimi. In attesa di capire se a questi nomi si aggiungerà anche quello di un francese cresciuto a Bondy e che di sicuro andrà a vivere lontano da Parigi entro qualche mese, al più tardi nel 2024.