Nel calcio moderno si vince con l’identità

I grandi risultati si costruiscono con progetti coerenti e a lungo termine. Come dimostra l'albo d'oro del premio per la Miglior società consegnato al Gran Galà del Calcio AIC.
di Alfonso Fasano
08 Novembre 2024

Come si vincono, oggi, un campionato e/o un grande trofeo internazionale? Oppure, per dirla meglio: nel calcio contemporaneo, come si fa a ottenere risultati d’eccellenza o comunque migliori rispetto alle aspettative iniziali? Per queste domande, naturalmente, non esistono risposte fisse, valide in ogni contesto e in tutte le circostanze. Ogni dirigente – ma lo stesso discorso vale anche per ogni tifoso, per ogni appassionato – ha un suo modello di riferimento, un suo approccio, un suo modo di vedere il calcio e il business che gira intorno a ciò che succede in campo. Per dirla con parole semplici: la storia del pallone ci dice che si può vincere in tanti modi diversi. E non stiamo parlando di tattica, del fatto che si possano battere gli avversari schierando tre punte pure o due centrocampisti più difensivi, ma di strategie di costruzione delle squadre: negli ultimi anni, infatti, gli albi d’oro della Serie A e delle coppe europee sono stati compilati con nomi di club lontanissimi tra loro, anche e soprattutto dal punto della programmazine. Basti pensare allo scudetto conquistato dal Milan 2021/22 e a quello vinto dall’Inter 2023/24, oppure al Napoli campione d’Italia 2023 e alla Juventus dei nove titoli consecutivi tra il 2012 e il 2020, oppure ancora alle enormi differenze tra Real Madrid, Atalanta e Manchester City, tre club che hanno conquistato un trofeo europeo negli ultimi due anni.

Tra tutte queste società c’è un unico punto in comune: negli anni dei loro successi, hanno avuto e hanno manifestato un’identità profonda e riconoscibile. In campo e fuori. Anzi, in realtà le cose sono concatenate: l’identità manageriale ha in qualche modo determinato le strategie di reclutamento e poi anche quelle tattiche, fino a comporre un mosaico completo e coerente. Per capire meglio cosa intendiamo, basta consultare l’elenco dei vincitori del premio “Migliore società” nell’ambito del Gran Galà del calcio AIC, il grande evento che ogni anno elegge i migliori giocatori, allenatori, club e arbitri del calcio italiano: il primo riconoscimento, quello dell’edizione 2011, è andato all’Udinese; tra il 2012 e il 2018, il premio è sempre andato alla Juventus; nel 2019 e nel 2020 la miglior società è stata l’Atalanta; nelle ultime tre edizioni, infine, i club più votati – dai giocatori di Serie A e Serie B, dalle giocatrici di Serie A, da altre grandi professionalità del nostro movimento – sono stati Inter, Milan e Napoli. Ecco, tutte queste squadre hanno saputo mettere a punto un modello virtuoso. E proprio grazie a questo modello sono arrivate a cogliere grandi risultati.

Tutto, come detto, parte dal vertice della piramide. Da un indirizzo chiaro impartito dalle società. E in questo senso non ci sono limiti alla creatività progettuale: l’Udinese e l’Atalanta hanno sempre lavorato partendo dalla valorizzazione dei giovani talenti e dallo scouting, ed è così che – in tempi diversi, con modalità diverse – si sono imposte come due squadre in grado di coniugare brillantemente investimenti fatti, riscontri economici e risultati ottenuti sul campo; il Milan e il Napoli sono tornati a vincere lo scudetto soprattutto grazie ai campioni di prospettiva pescati all’estero, ai vari Leão, Maignan, Osimhen e Kvaratskhelia; Juventus e Inter, invece, sono arrivate e si sono mantenute al top partendo da una politica di mercato diversa, allestendo organici più maturi.

Il Napoli ha vinto il premio Miglior società del 2023, a pochi mesi dal terzo scudetto della sua storia (Ciro Fusco/Pool/AFP via Getty Images)

L’elenco di società premiate al Gran Galà del calcio AIC racconta che i mezzi finanziari contano molto, certo, ma non sono tutto. Dimostra che le idee, talvolta, possono essere persino più importanti dei soldi. Nel senso: inventare e coltivare nel tempo una managerialità efficiente ha permesso a diversi club, non per forza ricchi o ricchissimi, di migliorare il proprio status. Perché costruire un’identità in grado di sopravvivere per più stagioni, dar vita a delle vere e proprie squadre-brand che riescono a concretare sul campo un modello di business, è un modo per ridurre – o addirittura per cancellarle del tutto, in alcuni casi – le distanze economiche. Anzi, forse è l’unico modo per riuscirci, perché il calcio continui a essere parzialmente imprevedibile. E, quindi, appassionante.

Da questo punto di vista, sono anni che la Serie A dà degli ottimi segnali: per quanto sopravvivano alcune criticità storiche, prima tra tutte quella che riguarda l’incapacità di costruire dei nuovi stadi o di ristrutturare quelli vecchi, molti club hanno saputo strutturarsi e lavorare in modo fantasioso ma anche realistico, nel senso di proficuo e lungimirante. Volete qualche esempio che esca fuori dal circolo ristretto delle big? Eccolo qui: il Bologna che torna in Champions sessant’anni dopo l’ultima volta; la Fiorentina che raggiunge due finali europee in due stagioni e ora è terza in classifica; il Verona, il Lecce, adesso anche il Como. I progetti di queste società, ovviamente da pesare e da contestualizzare caso per caso, in base alle rispttive potenzialità economiche, seguono la strada tracciata dalle grandi squadre. O da quelle squadre che sono diventate grandi partendo da dietro.

Insomma, nel calcio contemporaneo i grandi risultati non sono mai frutto di un exploit improvviso, isolato, del tutto inatteso. Può succedere, è successo, ma casi come quello del Leicester – tanto per fare un esempio di rilievo – sono praticamente irripetibili. La realtà cammina in modo decisamente meno romantico, ma anche più meritocratico: le proprietà, i dirigenti e gli allenatori che sanno dare un’identità forte e virtuosa ai club per cui lavorano, che pensano e agiscono in questo senso, vengono ricompensati sul campo, E non solo: anche i tifosi, i giornalisti, i loro stessi colleghi non possono fare altro che riconoscere i loro meriti. E così finiscono per apprezzarli, per imitarli. Per premiarli, come succede ogni anno al Gran Galà del Calcio.

>

Leggi anche

Calcio
Gli investitori americani si sono innamorati del calcio scozzese e lo stanno colonizzando
Sempre più proprietari e azionisti dagli Stati Uniti guardano alla Scozia come a una nuova terrà di opportunità calcistica. Anche per sfidare il monopolio del Celtic, rilanciando storici e nuovi rivali.
di Redazione Undici
Calcio
Cole Palmer sta diventando un vero e proprio brand, un brand che piace soprattutto negli Stati Uniti
Il Mondiale per Club ha dato un ulteriore boost all'immagine del talento del Chelsea. Che gioca benissimo, è decisivo, ha un'esultanza iconica e piace moltissimo alle aziende americane.
di Redazione Undici
Calcio
Il calcio africano sta per entrare nella sua età dell’oro, lo diciamo da decenni ma questa sembra la volta buona
Non solo il Marocco in semifinale agli ultimi Mondiali. Tra club e nazionali il calcio sul continente sta vivendo una nuova stagione di riforme che potrebbe mettere fine a due annosi problemi: corruzione cronica e spreco di talenti.
di Redazione Undici
Calcio
Il Siviglia non può registrare i nuovi acquisti e ha il budget mercato più basso di tutto il calcio spagnolo
La pessima gestione delle ultime stagioni ha determinato una situazione davvero disperata, per il club andaluso.
di Redazione Undici