Dopo il lancio – in grande stile, non c’è che dire – dell’enorme progetto dell’Arabia Saudita per dominare il calcio, con il fondo sovrano PIF proprietario di quattro squadre in grado di competere sul mercato con i club europei, si sono aperte due nuove fasi, per la Saudi Pro League (SPL): quella del potenziamento manageriale e quella della crescita corporativa del campionato locale. Che, inevitabilmente, si era trasformato in una sorta di gara a due velocità, con le quattro società PIF che spadroneggiavano nei confronti di tutte le altre. Certo, poi pian piano sono venuti fuori altri investitori privati che hanno acquisito e reso ricche altre squadre, l’Al-Qadisiyya (il club che sta per comprare Retegui), il Neom SC, l’Al-Diraiyah FC, ma il problema dell’equilibrio competitivo è stato solo parzialmente risolto. E quindi ora bisogna necessariamente intervenire. Come? Semplice: aprendo la Saudi Pro League agli investitori stranieri. Un po’ com’è successo, più o meno negli ultimi trent’anni, a tutte le grandi leghe europee.
Secondo quanto riporta The Athletic, sarebbe già stato formalizzato l’accordo tra una società straniera e un club della Saudi Pro League. E si tratterebbe di un’operazione importante, anche perché all’orizzonte ci sono altri annunci destinati a cambiare gli scenari e la percezione del campionato saudita: sei società messe a gara un anno fa dal Ministero dello Sport, che fino alla svolta del 2023 possedeva tutte le squadre, dovrebbero essere ufficialmente acquisite da consorzi privati, Si tratta di Al-Okhdood, Al-Orobah e Al-Kholood per quanto riguarda la prima divisione, e di Al-Zulfi, Al-Nahda e Al-Ansar nelle serie inferiori.
Insomma, si può dire: l’Arabia Saudita ha studiato e attuato un modello per cercare di rendere più competitivo l’intero sistema. Per avvicinarsi davvero alle grandi leghe europee e, su una prospettiva più ampia, anche per potenziare la rappresentativa nazionale. Dal punto di vista finanziario, uno degli ultimi passi più significativi è stato il trasferimento della supervisione finanziaria: ora tutti i club sono controllati direttamente da un organo interno alla Saudi Pro League, non più dal Ministero dello Sport. Poi però bisogna anche fare i conti con le regole sportive – o meglio: di reclutamento – e con la necessità di coltivare una sostenibilità reale e che duri nel tempo: in questo senso, l’innalzamento del tetto massimo di calciatori stranieri per i club della SPL (nel 2017 erano quattro e ora sono dieci, anche se due devono avere meno di vent’anni al momento dell’arrivo in Arabia) non è stato apprezzato da tutti. In ogni caso, negli ultimi mesi i club sauditi si sono concentrati di più sull’acquisto di giocatori tendenzialmente giovani, o comunque più giovani rispetto a quelli arrivati nell’estate del 2023. In due anni, quindi, il grande progetto saudita non si è arrestato: ha solo cambiato un po’ la sua operatività, in modo da perseguire degli obiettivi a medio, lungo, lunghissimo termine.