Faccia a faccia

Conversazione tra un tifoso juventino e uno napoletano sul big match di sabato sera: in che stato di forma le due squadre arrivano allo scontro diretto?

Domani sera si gioca Juventus-Napoli, riedizione della sfida scudetto dello scorso anno. Gli azzurri di Sarri si presentano al terzo posto in classifica, lontani quattro punti dal primato dei bianconeri. In mezzo, la Roma di Spalletti. Per anticipare e presentare la partita, abbiamo fatto dialogare un tifoso della Juventus, Claudio Pellecchia, e uno del Napoli, Alfonso Fasano. Li potete leggere spesso su Undici, collaborano anche, rispettivamente, con JuventibusNapolista.

Alfonso Fasano (AF): E allora, Claudio. Faccio iniziare te perché sei uno juventino partenopeo e quindi vivi questa partita in modo molto particolare. La prima domanda è: dove ti barricherai per vederla? Ma soprattutto, e scherzi a parte: come ci arriva la Juventus?

Claudio Pellecchia (CP): Il dove è presto detto: solita casa, con i soliti amici. Il come è leggermente più complesso. Dall’anno scorso, da quando, cioè, il tifo (e la stampa) da bar ha dato il suo peggio nella settimana che ha preceduto il ritorno allo Stadium, mi sono ripromesso di vivere qualunque partita (compresa questa) con grande distacco emotivo. So già che non mi crederai ma, al momento, faccio fatica a inquadrarla come qualcosa di più di un normale trentottesimo di campionato. Non è per snobismo o scaramanzia di facciata: semplicemente credo che per vivere il calcio nella dimensione giusta bisogna guardare unicamente a quel che accade nei 90 minuti, rivalità storiche e significati extra campo a parte.

Juventus' team players celebrate with fans after winning the Italian Serie A football match Juventus Vs Sampdoria on October 26, 2016 at the 'Juventus Stadium' in Turin. / AFP / MARCO BERTORELLO (Photo credit should read MARCO BERTORELLO/AFP/Getty Images)
I giocatori della Juventus festeggiano il successo contro la Sampdoria (Marco Bertorello/AFP/Getty Images)

E, da questo punto di vista, la Juventus, al momento, è ancora solo un progetto della grande squadra che dovrebbe essere, con un’identità tattica non ancora definita e con delle individualità spaventose che non sono ancora state messe in condizione di esprimersi come potrebbero. Non esattamente il modo migliore per confrontarsi con un avversario che sa quello che vuole e come arrivarci, seppur con qualche passaggio a vuoto di troppo e che credevo facesse parte del passato. A proposito, perché? Come mai Sarri non è ancora riuscito a impedire la ricaduta nei vecchi vizi?

AF: Inizio a risponderti che ho appena letto le stats di Napoli-Empoli, un match che il Napoli non ha giocato brillantemente. Eppure ha tirato 35 volte verso la porta, e Skorupski ha compiuto 9 (!) interventi decisivi. Dall’altra parte del campo, i tiri concessi sono stati 7, tutti nel periodo tra il minuto 69′ e il minuto 84′. I passaggi a vuoto del Napoli sono questi, brevi periodi di congedo mentale dalla partita. Contro il Besiktas, gli errori sono stati addirittura di meno, ma (fatalmente) più distribuiti nel corso del match. Le sfide con Roma e Atalanta, pur se in una prestazione globalmente più negativa, non sono molto differenti: i key moments, i gol di Petagna e Dzeko, nascono tutti da grossi errori individuali, tecnici e/o di concetto.

Uno di quei momenti

Quindi, devo aggiustare un po’ la domanda che mi hai fatto. Non è che il Napoli sia proprio ricaduto nei vecchi vizi, è che manca ancora qualcosa a livello psicologico: gestione di sé stesso e della partita, comprensione dei momenti individuali e di squadra, blackout che poi portano a letture tattiche sbagliate o a giocate approssimative. Il Napoli sa quello che vuole e che deve fare in campo, e questo è un grande pregio. Però deve essere sempre sorretto da una perfetta condizione fisica e da altre cose, e qui rispondo alla tua domanda: esperienza, abitudine a giocare sempre per vincere, mentalità. Sembrano frasi fatte, locuzioni troppo classiche e banali per essere vere. Non è così, almeno per il Napoli: a questa squadra, e al suo (bravissimo) allenatore, difetta proprio tutto questo. Che poi sono le cose che permettono alla Juventus di essere in testa anche se non è ancora riuscita a esprimersi come potrebbe, l’hai detto tu. E allora, adesso, sono io a domandarti: perché la Juve non è ancora quella che ci aspettavamo o vi aspettavate? Io dico la mia: la campagna acquisti è stata di altissimo livello, dominante, ma non è stata calibrata perfettamente sulle idee tattiche del vostro allenatore.

Napoli's Spanish midfielder Jose Maria Callejon (top) and Napoli's Serbian midfielder Nikola Maksimovic celebrate during the Italian Serie A football match between FC Crotone and SSC Napoli at Ezio Scida stadium in Crotone on October 23, 2016. / AFP / PIETRO MOSCA (Photo credit should read PIETRO MOSCA/AFP/Getty Images)
Jose Maria Callejon e Nikola Maksimovic festeggiano dopo un gol contro il Crotone (Pietro Mosca/Afp/Getty Images)

CP: Il punto è proprio questo, le idee tattiche di Allegri. Che non sono quelle dei 5 scudetti consecutivi. Io ho una mia teoria: l’allenatore vorrebbe rivoluzionare questa squadra, passare alla difesa a 4, darle un gioco più verticale e rapido, insegnare ai giocatori che l’uno contro uno sulla transizione avversaria va accettato e gestito, che un baricentro più alto non è per forza sinonimo di squilibrio. Ci ha provato l’anno scorso all’inizio e ha rischiato il disastro, ripiegando sul 3-5-2 avallato (o imposto?) dai senatori. È una sorta di “potrei ma non voglio” che rischia di trasformarsi in un “quel che poteva essere e non è stato”. Vedo una squadra ondivaga, che va a sprazzi, condizionata dal un conflitto tra la forza della tradizione e la freschezza del nuovo. Un nuovo abbastanza costoso e che, come ho già spiegato qui, sarebbe un peccato non sfruttare al massimo delle sue possibilità. Higuaín (ne dovremo per forza parlare) ne è l’esempio perfetto: ha segnato 7 gol perché è un fenomeno ma, al momento, è come voler azionare un’arma termonucleare con dei fiammiferi e vederlo sbattersi alla ricerca di una palla pulita da calciare in porta mi fa innervosire non poco.

La campagna acquisti, inoltre, ha presentato una criticità fondamentale: il non aver preso un vice Marchisio (e quanto cambi la squadra con lui in campo lo si è visto mercoledì contro la Sampdoria) costituisce il discrimine tra un mercato da 7 e uno da 10, nonché la differenza sostanziale tra quel che la Juventus dovrebbe essere e quel che ancora non è. Differentemente dal Napoli, che ha già una sua identità di squadra esaltata dai singoli. Noi abbiamo i secondi ma non la prima. Fossi uno spettatore neutrale, tra una squadra organizzata con una sua filosofia di gioco ed una che vivacchia sul colpo del fuoriclasse e che poi trotterella, non avrei dubbi su chi guardare. Non so tu come la pensi.

Claudio is back

AF: È bellissima questa cosa che facciamo tanti complimenti agli avversari, comunque. Devo dire di essere d’accordo a metà, perché per me la Juventus manca soprattutto del sostituto di Pogba. Ovvero, il calciatore che rendeva il 3-5-2 elastico, devastante nelle transizioni. Pjanic, per carità, è bravissimo. Ma sarebbe stato perfetto accanto a Pogba, non al suo posto. Illuminami (questo è il mio “vedo e rilancio”, il mio colpirti dopo che hai citato GH9. Ma ne parleremo, keep calm). 

Sulla questione tra squadra strutturata e talento. Il sottoscritto, lo ricorderai, si è bevuto d’un fiato tre stagioni e tre quarti con Mazzarri. Che è stato 3-5-2 (è solo un caso, però), ma soprattutto un gioco basato sulle ripartenze e sul valore assoluto di Hamsik, Cavani e Lavezzi. Come dire: la perfetta sublimazione del concetto di “giocata del singolo”, pur con le dovute proporzioni, di cui parli sopra. Ci siamo divertiti, sì, ma vuoi mettere la sensazione di veder giocare e sentire propria una squadra strutturata come quella di Benitez e poi, ancora di più, di Sarri? Certo, il discorso poi ricade su quelli che sono gli obiettivi: se vuoi vincere – dipende anche da cosa vuoi vincere – ti occorrono l’una e l’altro, organizzazione e talento in una certa cifra. Però, io sono tra quelli che preferiscono sempre vedere il bel calcio. Forse esagero, ma te lo dico anche da tifoso. Con Sarri, grazie a Sarri (e a Benitez prima di lui), ho imparato ad accettare una ricerca estetica che viene prima del risultato. Cocciutamente prima del risultato, aggiungerei.

Per com’è fatto il Napoli, per le sue possibilità e aspirazioni, le priorità dovrebbero essere: l’organizzazione di gioco, poi lo sviluppo del talento/costo dei giocatori, infine il risultato. In quest’ordine. Sono consapevole di rappresentare una parte atipica, minoritaria del gruppo sociale del tifo calcistico. Però credo che tu, almeno in parte, sia d’accordo con me: per come sono andate le cose, in campo e fuori, non mi sento di criticare il Napoli. Neanche quando Koulibaly regala la palla a Salah. È identità, è la nostra identità. Per il momento non vale ancora uno scudetto, o una semifinale di Champions. Ma è un modo per provare ad arrivare a quei livelli.

Difficile criticare uno capace di cose del genere, anche se perde banalmente una palla in uscita

Comunque, torniamo alla partita, che domani sera si gioca: che fa Allegri, come entra in campo? Sarri viene in tuta, e con il 4-3-3 con Mertens falso nueve. Volevo proprio dirlo.

CP: Ricorderai quale fu la mia prima reazione alla notizia dell’arrivo di Pjanic: delusione mista a rassegnazione. E non certo per il giocatore in sé quanto per le conseguenze: ero pressoché sicuro che avrebbero venduto Pogba, quindi l’idea di un centrocampo con Marchisio-Pjanic-Pogba non mi ha mai realmente sfiorato. Ed è meglio non parlarne, che rischio l’attacco di nostalgia. Detto questo, a Pjanic non si può chiedere di fare la differenza in un sistema di gioco del tutto nuovo e molto meno elastico proprio a causa della cessione del calciatore con cui si sarebbe integrato a meraviglia. Se hai uno del genere devi assecondarne il talento, non farlo direttore d’orchestra di uno spartito che non è suo. Pjanic non è né Pirlo né Pogba, deve giocare sgravato da compiti di prima costruzione e/o di copertura preventiva degli spazi. Per quello c’è Marchisio.

Andrea, sei tu?

Mi citi, poi, il 3-5-2, ben sapendo come non abbia particolare trasporto per questo sistema. Da tempo, però, ho radicalizzato il concetto: non mi interessa più il modulo ma l’interpretazione dello stesso. Ed è in questo che la Juventus mi sembra ancora carente. Il modo di approcciare le ultime partite ha segnato la differenza che passa tra di noi: il Napoli, errori individuali a parte, è esattamente la squadra che deve essere, provando a vincere attraverso l’organizzazione, il possesso palla, la rapidità d’esecuzione; la Juventus non è ancora quella squadra che dovrebbe vincere dominando il campo grazie alla maggiore fisicità e cifra tecnica.

Per domani sera, di sicuro Allegri non derogherà dalla giacca e dalla cravatta (credo che la tuta la metta malvolentieri persino durante gli allenamenti). Tralasciando lo swag, in contumacia Dybala io non avrei dubbi: 4-3-3 con il Pipita al centro del villaggio e prendendo esempio da quel che furono i primi 70 minuti di Monaco. L’infortunio ad Evra (con conseguente impossibilità di alzare Alex Sandro) e la temibile catena di sinistra del Napoli, mi fa propendere per un 3-5-2 in cui non mi stupirebbe l’impiego di Lichtsteiner e l’utilizzo di Cuadrado da seconda punta. Far giocare Mandzukic vorrebbe dire mettere la gara sul piano che preferiscono Albiol (a proposito, recupera?) e Koulibaly oltre che costringere Gonzalo a girare troppo al largo dall’area di rigore.

Però, ti prego, non dire mai più falso nueve riferendoti a Mertens. Sai che quel ruolo lo fa meglio Callejón. Ammesso che lo stia facendo. E questo me lo puoi dire solo tu, magari rispondendo anche a questo: ma provare a cambiare sistema per (ri)lanciare Gabbiadini, indipendentemente da domani, è davvero così impraticabile?

AF: Questo tema tattico identifica la narrazione del periodo: se Napoli avesse un Twitter personalizzato, l’hashtag di tendenza non potrebbe essere che #falsonueve. Tutto il lavoro di Sarri per domani sera, che in realtà è scontato e non ammette(rà) deroghe, dipende da questa dinamica tattica, imposta e necessaria. Su cui devo smentirti, o comunque aggiornarti: parlo a ragion veduta di Mertens in quel ruolo, con quei compiti. Per giocare nel Napoli in quella porzione di campo, puoi appartenere a due gruppi tipologici del calciatore: quello degli Higuaín (o dei Milik, ovviamente in scala), dei centravanti associativi o comunque in grado di partecipare alla costruzione del gioco; oppure a quello dei Mertens, degli uomini capaci di giocare bene nello stretto, di controllare e direzionare e smistare il pallone. Non quello dei Callejón, che sarebbe un attaccante più alla Gabbiadini, da movimento alle spalle della difesa e quindi pochi palloni toccati.

Imprescindibilità

Il capitolo Gabbiadini, in realtà, è semplicissimo: in questo Napoli, non può giocare. Perché c’è Callejón, che interpreta il ruolo di ala destra in maniera unica e condiziona da solo il modo di stare in campo di tutta la squadra. Rinunciare allo spagnolo vorrebbe dire rivedere l’intero sistema, perché nessuno come lui permette alle linee di rimanere così compatte nonostante il continuo movimento a fisarmonica. Soprattutto adesso che il Napoli ha perso Higuaín, e quindi non deve per forza cercare di servire il suo centravanti (che sennò s’incazza e manda tutti a quel paese, ma solo se si chiama Gonzalo), Callejón è imprescindibile. E la presenza di un giocatore come lui esclude quella di Gabbiadini, che tende a sparire dietro il difensore e non fa da riferimento centrale. Il Napoli ha già Callejón che si inserisce, ha bisogno di un appoggio come Higuaín, al massimo come Milik. Che dopo, perché sono fuoriclasse (Gonzalo) o ottimi giocatori (Arkadiusz), riescono pure a fare gol.

Il Napoli ha giocato troppo bene con Higuaín e Milik perché Sarri decida di cambiare, che poi non è una cosa facile quando sei così strutturato, anche per gli altri calciatori. Abbiamo già cambiato qualcosina per far fronte alla partenza del Pipita, abbiamo deciso di non trasformarci ulteriormente. Decidere di non scontentare nove uomini per far felice Gabbiadini mi pare la scelta migliore, quella più utilitaristica. Manolo non ha retto psicologicamente a questa situazione, e noi domani veniamo a Torino con la solita squadra e Mertens diversamente centravanti. Dico così, che falso nueve ti disturba. I dubbi, secondo me, sono Diawara/Jorginho (ma giocherà l’italiano) e quello di cui mi chiedevi, Albiol. Che lavora ancora a parte, che abbiamo provato a recuperare in tutti i modi per questa partita. Per noi Raúl è fondamentale, e lo sarebbe ancora di più domani che c’è un nostro vecchio amico di fronte. Penso che sia arrivato il momento di parlarne, che dici? Ci mettiamo anche un po’ di dinamica sociale?

CP: Io sono il presidente del partito “Vedove di Morata”, un appartenete alla corrente del “90 milioni per un giocatore di 29 anni mai nella vita”. Ma Gonzalo Higuaín è un mostro e ogni volta che lo vedo giocare mi commuovo e mi chiedo come abbiamo potuto farne a meno prima. Non è il fatto che segni nonostante il sistema di gioco attuale lo depotenzi; è tutto il resto di quel che fa in una situazione a lui non congeniale, dalla sponda, al movimento senza palla. Il gol di Lione è suo, soltanto suo. Per questo chiedo solo di vederlo servito come vuole e come merita, il resto sarà una naturale conseguenza.

The Beginning

Per il resto, chiariscimi il concetto di dinamica sociale. Non foss’altro perché faccio fatica a vedere qualcosa che vada oltre il “pagare moneta, vedere cammello e magari indebolisci pure la squadra che più ti ha creato problemi”.

AF: In linea di massima, sarei pienamente d’accordo con te. Anche perché, poi, quei soldi sono serviti a fare la campagna acquisti con più hype nella storia del Napoli, forse dell’intera Serie A. È solo che a Napoli non puoi ridurre tutto a una semplice dinamica di mercato. Tu che ci vivi, lo sai; noi che ci viviamo, lo sappiamo. Sappiamo pure quanto sia limitante tutto questo. Cioè lo so io, che faccio il tifo per il Napoli e ho visto un’intera città deprimersi per una cessione inevitabile e poi bocciare un mercato da applausi (fino all’infortunio di Milik, che però è solo sorte avversa) perché Higuaín era andato alla Juventus.

Conoscendo i miei compagni di fede, un po’ li capisco: tu Juve, che hai già vinto cinque scudetti, avevi proprio bisogno di togliere l’unico fuoriclasse alla tua avversaria più accreditata? Tu mi risponderai “Sì, vogliamo provare a vincere la Champions”. E avrai ragione. Però un po’ d’amaro in bocca resta, se permetti. Anche per la storia della clausola, e al di là del giudizio sull’uomo/professionista Higuaín. Ognuno la pensa come vuole. Più o meno, è la stessa cosa con voi per il #Pogback.

Rispondimi a questa, da juventino e napoletano, poi chiudiamo con una cosa rapida. Tre domande veloci, che poi ti rispondo anch’io:

A) Il giocatore che ti ha sorpreso di più in questo inizio di stagione della Juve, e perché (in un rigo).
B) Il giocatore da cui ti aspettavi di più, e perché (sempre in un rigo).
C) Come finisce domani sera.

CP: Ti svelo un segreto. Spesso con Massimo Zampini, un altro autore di Juventibus, ci “sfidiamo” a colpi di aneddoti in una gara sul dove sia peggio vivere per uno juventino traditore. Io provo a spiegargli sul come, tante volte, qui si tenda ad esagerare, sul come si carichi troppo di significati fuori dal tempo una partita che dovrebbe essere solo una partita; lui vede e rilancia raccontandomi di una realtà (quella romana) comparabile se non peggiore e viceversa. Poi interviene l’amico Giulio Gori, juventino di Firenze, che dice che siam dei privilegiati rispetto a lui e via così. È questo il motivo che mi sta progressivamente spingendo a considerarla come una partita uguale alle altre, pur nella sua diversità. È come se l’essere rivali storici di tutti ci rendesse anche rivali di nessuno, al di là della vuota retorica che farà da colonna sonora all’immediata vigilia con discorsi anacronistici. Quasi più di quelli relativi ai calciatori e al loro attaccamento a una squadra: sono professionisti e vanno dove ritengono sia meglio per la loro carriera. Tanto più che, per dirti, io sono già rassegnato al fatto che Dybala, tempo due anni, ed è ad allenarsi con Messi e Neymar a Barcellona.

Ti rispondo:

A) Pjaca, dal quale non mi aspettavo un impatto così immediato pur nei pochi minuti a disposizione. Spero torni al più presto
B) Lemina. Ha grandi potenzialità ma deve imparare a gestirle e a metterle al servizio della squadra senza strafare.
C) L’unica cosa che posso dirti è che sarà agonica. E poi, lo sai, non becco un pronostico da tempo immemore.

AF: Niente, voi juventini non vi smuovete neanche se vengono Platini e Boniperti e Del Piero insieme, ognuno con un mazzo di rose blu in mano. Ci ho provato. Comunque:

A) Zielinski. Io già sapevo, in realtà. E il punto è proprio questo: è riuscito a confermare tutto il buono che si diceva di lui, e anche di più. Ed è un 1994.
B) Hysaj. Per il motivo inverso di Zielinski, nel senso che dopo l’anno scorso mi aspettavo una conferma totale. Una roba che, per un altro classe ’94, sarebbe stata valsa un ingresso immediato nella shortlist dei top player. Non è ancora arrivata.
C) Tu non hai distrutto il luogo comune dello juventino freddo e calcolatore, io lo farò con quello del napoletano scaramantico: 3-0 per noi. Tre autogol di Higuaín, ovviamente.

 

Nell’immagine in evidenza, un contrasto tra Marchisio e Insigne nello scorso Juventus-Napoli (Giuseppe Cacace/AFP/Getty Images)