Guida completissima alla Copa América

Girone per girone, squadra per squadra, l'analisi di protagonisti, facce e prospettive delle 16 partecipanti alla Copa América del Centenario.

Perché non creiamo un grande torneo, pensò Héctor Rivadavia Gómez, una fiera del calcio a cui la gente possa assistere e divertirsi, una manifestazione di rilievo internazionale in cui tutte le Nazionali possano tornare ad affrontarsi l’una contro l’altra mettendo in mostra la bellezza del calcio sudamericano. Héctor Rivadavia, che aveva gli occhi piccoli e scuri e baffi tagliati a spazzola o all’insù, secondo la moda dell’epoca, suggerì questa strampalata idea ai politici del governo argentino. L’occasione dei cento anni di indipendenza dell’Argentina, che cadeva proprio il 9 di luglio di quel 1916, sembrò a tutti troppo ghiotta per essere ignorata. Già qualche anno prima, da qualche parte in Sudamerica, dirigenti e uomini di potere appassionati di fútbol avevano tentato di mettere in piedi un evento prodigioso e bello come quello che proponeva Rivadavia, ma mettersi d’accordo, beh, era dura, e non se ne fece mai nulla. Quell’anno fu diverso. Adolfo Rama, il presidente della federazione argentina, accolse la proposta di Rivadavia con un entusiasmo fanciullesco, e si dovette pensare in fretta agli inviti, alle cose da fare, e ben presto durante i pomeriggi e le sere di quell’anno così fortunato per l’intera storia del fútbol ebbe inizio il grande campionato sudamericano. Buenos Aires brulicava come sempre. Ma quell’evento solleticò ancora di più le fantasie e le speranze della gente, sogni che sarebbero diventati poi movimento e gioco sul campo. L’ultima partita si giocò il 17 di luglio, a Buenos Aires appunto, tra l’Argentina e l’Uruguay, che guidava la testa della classifica. Quel giorno l’Estadio Gimnasia y Esgrima, una struttura dai tratti vittoriani che al massimo poteva contenere diciottomila anime, fu presa letteralmente d’assalto. Al punto che ai bordi del campo, vicino alle righe di calcina e sulle tribune, e persino dietro alle porte, i cronisti arrivarono a contare più di trentamila persone, per alcuni anche quarantamila, non si seppe mai. La partita fu combattuta. Anzi, dovettero persino sospenderla perché sugli spalti l’agonismo aveva acceso qualche rissa. Alla fine non ci fu neanche un gol. Vinse l’Uruguay, perché aveva conquistato più punti di tutti. Consegnarono la coppa a Isabelino Gradín, l’attaccante con gli occhi piccoli e le labbra tumide da mauritano, che aveva fatto più gol di tutti. Isabelino, con uno slancio di felicità, alzò quella coppa al cielo. E nessuno, nemmeno per un secondo, pensò che sarebbero trascorsi cento anni.

Gruppo A

Usa

Made in Usa — È la 45esima edizione, ma anche la Copa del Centenario. La prima fu disputata nel 1916. Parteciperanno 16 squadre appartenenti alle due confederazioni americane, Conmebol (Sud America) e Concacaf (Nord e Centro America e Caraibi), 4 in più rispetto alle canoniche 12. I vincitori della competizione non riceveranno l’invito alla Confederations Cup del 2017 in quanto il Cile, vincitore della Copa America 2015, è già qualificato.

Gli stadi — C’è spazio per tutti, in dieci (bellissimi) stadi sparsi lungo tutto il territorio a stelle e strisce. Il 27 giugno (ore 2 italiane) New York ospiterà la finale al MetLife Stadium, dove giocano i Giants e Jets. Tutti gli impianti selezionati hanno almeno 60.000 posti e, non a caso, sono situati in zone a forte concentrazione latinoamericana.

La squadra — Quello degli Usa è un girone duro, «hot» come lo hanno definito su alcuni giornali. Ma certo la Nazionale di Klinsmann ha, insieme alla Colombia, le carte in regola per passare il turno. Tra i convocati ci sono il 17enne Christian Pulisic, trequartista del Borussia Dortmund, e Michael Bradley, l’ex centrocampista della Roma.

Il confronto — Visto che sono in contemporanea, qualcuno si è chiesto: meglio l’Europeo o la Copa del Centenario? Ha risposto Jürgen Klinsmann: «C’è più qualità qui». Anzi, meglio: «Con le sedici Nazionali, questa competizione sarà meglio del campionato europeo allargato a ventiquattro».

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Il secondo gol di Pulisic, classe 1998, con il Borussia

Colombia

L’allenatore — Anche quelli de El Tiempo, il giornale colombiano, sono rimasti spiazzati: «Convocadoria y sorpresa». Ancora una volta José Pékerman ha spiazzato tutti. L’allenatore ha lasciato a casa qualche big (Muriel, Jackson Martínez, Teofilo Gutiérrez) e si è portato qualcuno di diverso. In avanti ha confermato Carlos Bacca. Ci sono anche Dayro Moreno (Tijuana), Roger Martínez (Racing Club) e Marlos Moreno (Atlético Nacional).

L’assenza — El Tigre qualche volta piange. Per esempio quando ha saputo di non essere convocato per la Copa del Centenario. «Non poter giocare la Copa mi dà tristezza», ha detto Radamel Falcao, el Tigre, máximo goleador della nazionale colombiana scivolando nel futuro. Non esclude che alle Olimpiadi ci sarà. Ma vuoi mettere con la Copa100?

La stella — Certo che è lui, James Rodríguez, 24 anni, simbolo di questa Colombia. È stato l’ultimo ad aggregarsi alla Selección (era in finale di Champions: giustificato). Lo vogliono tutti. La lista: Juventus (che ha offerto 70 milioni), Manchester United (80), Psg (80), Bayern Monaco (90). Da Madrid dicono che James resta.

L’artista — J Balvin, tatuassimo artista colombiano di reggaeton, canterà alla cerimonia di apertura della Copa América Centenario. Con lui anche Jason Derulo e la banda canadese reggae-pop Magic. J Balvin ha vinto il Grammy Latino. Forse lo conoscerete per pezzi come “Ginza” e “Bobo” (o forse no).

Questo è il Falcao attuale, contro il Walsall, in League One

Costa Rica

I ricordi — Naturale, qualche volta i ricordi (come i sogni) aiutano a vivere meglio. La Costa Rica ricalca il gruppo che ha sorpreso il mondo due anni fa, ai Mondiali in Brasile. È cambiato l’allenatore (via Jorge Luis Pinto, al suo posto c’è Óscar Ramírez). In forte dubbio Keylor Navas, portiere del Real Madrid, è certa la presenza di quel Bryan Ruiz che ammattì noi italiani un paio di estati fa. Ricordate?

Il capitano — E a proposito del capitano, Bryan Ruiz in una recente intervista a La Nación, giornale argentino, ha detto: «C’era un tempo in cui convocavano chiunque». Adesso no, ora è diverso. Dei 23 convocati, comunque, 13 sono i reduci di Brasile 2014. «C’è chi avuto un’occasione» ha aggiunto, «ma ora non è più così. La convocazione costa di più».

Il promotore — L’ente del turino del Costa Rica ha lanciato una campagna promozionale in Spagna. E chi è l’uomo-immagine? Keylor Navas, il numero uno del Real Madrid. «È il rappresentante ideale della personalità e dei valori del Costa Rica. È lui nostro ambasciatore del turismo», ha detto Mauricio Ventura, ministro del turismo.

Il classicone — I Ticos giocheranno questa Copa del Centenario con addosso una maglia speciale, molto simile a quella del 1990, quando vennero ai Mondiali in Italia. Era la prima volta che il Costa Rica partecipava a una competizione così. Arrivò al secondo posto nel girone battendo la Scozia (1-0) e la Svezia (2-1).

Keylor Navas,specialità della casa: parate impossibili

Paraguay

Il modulo — Al contrario di altri anni, il Paraguay giocherà senza catenaccio. Ramón Díaz punta su un 4-3-3 piuttosto interessante, con Derlis González (Dinamo Kiev), Lucas Ramón Barrios (Palmeiras) ed Édgar Benítez (Querétaro) in attacco. In porta c’è sempre Justo Villar, 38 anni, uomo simbolo del Paraguay (per qualcuno invece solo «una reliquia»).

L’allenatore — «È la sfida più importante della mia carriera», disse Ramón Díaz, El Pelado, nel raccogliere l’incarico di direttore tecnico. Grazie a lui il Paraguay ha (ri)visto risultati importanti. Arrivando alle semifinali della Copa América in Cile e cedendo davanti all’Argentina (6-1).

Il giallorosso — Era stato escluso, ma l’infortunio dell’eterno Roque Santa Cruz gli ha aperto la strada. Anche Antonio Sanabria fa parte della spedizione. Se l’è guadagnata, il giallorosso. Il cartellino, infatti, è di proprietà della Roma. Ha giocato con lo Sporting Gijón, 29 presenze e 11 gol: non male.

La sposa — La candidata numero uno per diventare la “Sposa della Copa America”. Lei si chiama Vivi Figueredo, paraguaiana, che attraverso il suo fan club è stata la prima a lanciare una campagna. Le candidate, comunque, sono 22. La proposta è stata lanciata da Nbc Sports.

La prolifica stagione di Antonio Sanabria con lo Sporting Gijón

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Gruppo B

Brasile

Il modulo — Questo Brasile poco meraviglioso, pieno di giovani, con poche stelle (Thiago Silva, per dire, è stato lasciato a casa) probabilmente giocherà con il 4-1-4-1. Contro Panama, però, in una delle ultime amichevoli, Dunga ha rispolverato il 4-4-2. I candidati davanti alla difesa sono Elias e Luiz Gustavo. In avanti se le giocano Lucas Lima, Hulk e Jonas. Ah, c’è pure Kakà (convocato al posto dell’infortunato Douglas Costa).

L’equilibrio — Questa è la competizione con cui Dunga, di fatto, si gioca la credibilità. Il Brasile non lo ama. Troppo europeo, Dunga, con quei capelli a spazzola da fine anni Novanta. A GloboEsporte ha detto di recente: «Io non rappresento me stesso, rappresento il Brasile. Quando non andrò più bene mi farò da parte». Mmmm. Sul serio?

La medaglia — Copa100 o medaglia d’oro alle Olimpiadi? La seconda, probabilmente. E infatti Neymar ha scelto di andare ai Giochi di Rio. D’altra parte, il Brasile l’oro olimpico non l’ha vinto mai nella storia, e manca. A dargli l’imbeccata (diciamo così) è stato il Barcellona, tutte e due le competizioni erano troppe persino per il nuovo Pelé.

La numero 10 — Fuori Neymar, la 10 se l’è presa Lucas Lima. Nell’ultimo Brasileirão aveva segnato 4 gol e firmato 10 assist. In una recente intervista al Corriere dello Sport Antonio Careca l’ha consigliato al Napoli. «Se fossi in De Laurentiis lo prenderei», ha detto.

soccer goal lucas lima flamengo

Solo gol belli per Lucas Lima

Ecuador

L’allenatore — Gustavo Quinteros è uno che va sul sicuro. Dei 23 convocati, 14 giocano in campionati stranieri, più spesso in Europa, e questo rende l’Ecuador una delle mine vaganti dell’edizione. «Vogliamo fare bene», ha detto l’allenatore argentino, «vogliamo cambiare un pochino i risultati negativi in questa competizione».

La stella — L’uomo del momento è senza dubbio Enner Valencia. Secondo il Telegraph, infatti, Tony Pulis, manager del West Bromwich, sarebbe pronto a formulare un’offerta al West Ham per portarsi via l’attaccante. In Premier, Enner ha segnato 4 gol in 19 partite.

I premi — Siccome quelli dell’Ecuador pensano di potercela fare, qualcuno ha già ragionato sui milioni da spartire. Nella Copa América del 2015, quella in Cile, erano stati distribuiti 10 milioni di dollari tra i 12 partecipanti. In questa edizione i milioni saranno 18. Spartiti così: 250mila dollari per la partecipazione, 2 milioni alla quarta, 3 alla terza, 4 alla finalista, 5 a chi vince.

Il futuro — Nel 2023 l’Ecuador ospiterà la Copa América edizione numero 47. Verranno sistemati gli stadi più importanti, l’Olímpico Atahualpa e l’Alejandro Serrano Aguilar, e ci vorranno quasi 100 milioni di dollari. L’Ecuador non ha mai vinto la Copa América. Solo due quarti posti: nel ’59 e nel ’93.

Il volo di Enner Valencia (Raul Arboleda/AFP/Getty Images)
Il volo di Enner Valencia (Raul Arboleda/Afp/Getty Images)

Haiti

Il cammino — Per arrivare qui Haiti ha vinto i play-off, e non è stato facile. La squadra di Patrice Neveu, francese che sembra il dottor Emmett Brown, quello di Ritorno al Futuro, ha battuto Trinidad & Tobago. Il gol decisivo lo ha segnato Kervens Belfort, classe ’92 che gioca nel campionato turco, a 4 minuti dalla fine.

L’allenatore — Neveu è un personaggio stravagante. Francese, poco snob, 62 anni, due figli, non ama il vino, non ama il cinema. Legge volentieri Richard Bohringer. «Per preparare le mie partite preferisco ascoltare Charles Aznavour, Jean Ferrat, Georges Moustaki». E quando ha vinto il playoff ha detto: «La Copa del Centerario sarà la più grande competizione della mia vita».

Le quote — Secondo i bookmakers Haiti è la squadra che non può farcela. Una vittoria in questa Copa del Centenario è data a 500. Non proprio come il Leicester che fu, ma insomma. Favorita l’Argentina (3.15), poi il Brasile (4.50), Usa (7) e Cile (8).

I rappresentati — C’è chi si vanta di essere rappresentata. È la Nasl, la North American Soccer League. Molti dei convocati di Haiti, infatti, giocano in quel campionato lì. Cinque, per l’esattezza: Pascal Millien, Mechack Jérôme, Jean Alexandre, James Marcelin e Steward Ceus.

La faccia di Angel Di Maria disegnata su un bus a Port-au-Prince, Haiti (Hector Retamal/AFP/Getty Images)
La faccia di Angel Di Maria disegnata su un bus a Port-au-Prince, Haiti (Hector Retamal/Afp/Getty Images)

Perù

La squadra — Arcigno, qualche volta pure spregiudicato, il Perù giocherà con un 4-3-3 (all’occorrenza un 4-1-4-1). È la sesta squadra per gol realizzati (22), superando Cile, Usa, Ecuador e Paraguay. Non è poco, considerando che in Copa América o fai gol o sei fuori.

Il patto — Qualche settimana fa, criticato dai media peruviani, Ricardo Gareca, l’allenatore, ha parlato chiaro: «Ho parlato con ogni singolo giocatore, ho chiesto massimo impegno». Bella scoperta. Del resto, il Perù vuole tornare grande. La Copa América non la vince dal ’75. Due terzi posti nelle ultime edizioni (2011 e 2015).

La camiseta — In Perù sono molto preoccupati: Christian Cueva conosce la responsabilità di portare la numero 10 sulle spalle? Cueva raccoglie l’eredità di Farfan, che l’aveva indossata nel 2015. Cueva è detto “Aladdin”, gioca nel Toluca, in Messico, e qualche settimana fa chiesto aiuto su Facebook: «Ho perso il portafoglio, chi mi aiuta riceverà una buona ricompensa».

L’oriundo — Tutti lo vogliono, tutti lo cercano. È lui, Gianluca Lapadula, origini peruviane, l’uomo-mercato del prossimo calciomercato. Gareca è venuto in Italia per convincerlo che il Perù è la sua patria. Si è intromesso il nonno: «Mio nipote non viene in Nazionale per stare in panchina». Risultato? Lapadula non c’è.

La finalina della Copa América 2015, vinta dal Perù contro il Paraguay

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Gruppo C

Messico

Il tecnico — Impatto con la Nazionale di Juan Carlos Osorio: 3-0, 2-0, 3-0, 2-0. Niente male. Contro (nell’ordine) El Salvador, Honduras, Senegal e Canada. Ma niente male comunque. È un allenatore meticoloso e attento, Osorio. La sua Nazionale è riuscita a vincere 7 partite di fila, in 17 non ha perso. Vorrà pur dire qualcosa, no?

Il déjà vù — Sembra di essere tornati indietro di due anni, a quando c’erano tre portieri a lottare per una maglia titolare. La spuntò Ochoa, quella volta, e i Mondiali resteranno nella storia anche grazie a lui. Dopo aver aspettato 18 mesi per debuttare in Liga con il Malaga, adesso Ochoa è tornato. Sullo stesso livello, però, ci sono José de Jesús Corona e Alfredo Talavera.

Le stime — Secondo La Afición, gli organizzatori della Copa100 stimano di ottenere 120-180 milioni di dollari in biglietti e almeno altri 100 tra sponsor e diritti tv, per un totale di 300 milioni. Quasi il doppio rispetto a Cile 2015.

L’immortale — Javier Hernández ha già abbandonato lo status di stella del Messico, è avanzato ancora, adesso sfiora l’immortalità. Il Chicharito (quarto marcatore della Bundesliga con 26 gol) può battere il record di Jared Borgetti, il più grande marcatore della storia de El Tri con 46 reti. Hernández è fermo a 46. Ah, i 27 anni sono un vantaggio.

I 17 gol di Chicharito nella Bundesliga 2015/16

Uruguay

L’attesa — Qualche giorno fa, per l’ultima amichevole contro Trinidad & Tobago, la Federazione uruguaiana ha lanciato un hashtag #ElEquipoQueNosUne. L’hanno lanciato prima della partita, facile immaginare il boato. L’allenatore è sempre lui, Tabárez, e l’ossatura è la solita, con Godín in difesa, Alvaro Pereira, Fucile, Cavani davanti.

Il discriminato — Nazionale o club? Dilemmi che Carlos Sánchez ha cancellato in un attimo, preparando la valigia destinazione ritiro dell’Uruguay. Mentre tutto il Messico aspettava di sapere come sarebbe finita la corsa per il titolo tra il Monterrey e il Pachuca, Sánchez è andato via: «Accordi già presi». Non sono mancati insulti.

Il dubbio — Fino all’ultimo resterà sospeso, aggrappato a un filo sottilissimo. Luís Suárez, el Pistolero, si è fatto male durante la finale di Copa del Re (Barcellona-Siviglia). Senza il bomber, l’Uruguay ha quasi sfigurato al Mondiale 2014 e alla Copa América 2015, mentre nel 2011, con Luís in campo, la Copa l’ha vinta.

La storia — L’Uruguay vinse la prima edizione nel 1906. Quell’anno parteciparono appena quattro squadre, in Argentina, dove si giocava, e in finale l’Albiceleste batté proprio gli argentini. All’Estadio Colón y Alsina, a quel tempo del Racing (chiuso nel 1947 e demolito un anno dopo per fare spazio al Cilindro), c’erano 17 mila persone. L’Uruguay ha vinto in tutto 15 edizioni.

L’Uruguay vincitore della competizione nel 2011

Jamaica

La qualificazione — È alla seconda partecipazione in una Copa América. La prima, l’anno scorso in Cile. La Jamaica affrontò Argentina, Paraguay e Uruguay, arrivando ultima e perdendo tre partite su tre. A questa edizione si è qualificata vincendo la Coppa dei Caraibi 2014.

Il capitano — È Wes Morgan, capitano del Leicester di Claudio Ranieri, la squadra che ha vinto la Premier League. Dalle sue parti hanno creato un’edizione limitata di bottiglie di rum, ovviamente il Capitan Morgan, quello con l’etichetta di un corsaro.

L’allenatore — Il tedesco Winfried Schäfer è uno tipo tosto. Dopo una lunga esperienza in Germania (da giocatore, poi da allenatore) si è trasferito in Camerun nel 2001. Ha disputato la Coppa d’Africa, ottenendo buoni risultati. Dal 2013 guida la Jamaica.

Lo stile — Velocità e potenza, ma con più tattica e cervello. Schäfer propone un 4-4-2 accorto, tant’è che in Cile, l’anno scorso, perse tre partite con un gol di scarto appena. Rodolph Austin protegge a centrocampo, i gol sono affidati a Darren Mattocks, che gioca nella Mls, ama il contropiede, e ha segnato 4 gol nelle ultime cinque partite con la maglia dei Reggae Boyz.

Wes Morgan contro il Manchester United

Venezuela

La situazione — Nei negozi ormai manca quasi tutto, dal latte in polvere per i neonati alla carta igienica. Le fabbriche di Coca Cola hanno dovuto chiudere i battenti perché sono rimaste senza zucchero, la settimana lavorativa negli uffici pubblici è accorciata a due giorni per risparmiare, mentre le carenze di energia costringono a blackout di 4 ore al giorno. La Nazionale è speranza simbolica per un Paese sull’orlo del baratro.

La squadra — Era una squadra che picchiava, giocava duro e ripartiva veloce. Così la voleva Noel Sanvicente, che però ha dato le dimissioni dopo la sconfitta contro il Cile. Ben diverso è il credo di Rafael Dudamel, tecnico dell’Under 20, uno che in un anno prova anche dieci, dodici moduli tattici.

L’ex raccattapalle — Tutte le volte che la Nazionale andava a giocare a Táchira, la sua città, Tomás Rincón andava a fare il raccattapalle per vedere il suo idolo da vicino, Juan Arango. «Quando sono arrivato è stata una delle persone che mi ha aiutato di più», ha detto Rincón. Dopo il ritiro di Arango, Rincón ha preso in consegna la fascia. Oggi Rincón è per tutti El General.

Il più caro — Passando allo Zenit, nel 2014, José Salomón Rondón è diventato il venezuelano più caro di sempre, pagato dal club russo 19 milioni di euro. Poi è andato in Premier, al West Bromwich, e ha fatto bene anche lì. In giro per l’Europa, Rondón ha toccato le cento marcature.

Goles Vinotinto (in Inghilterra): Rondón contro il Norwich

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Gruppo D

Argentina

La responsabilità — Persino Leo Messi si è sbilanciato: «Da molto tempo l’Argentina non vince un trofeo importante. Vogliamo la Copa». E così Higuaín: «Voglio la Copa». È vero, l’Argentina non la vince da un pezzo, addirittura dal ’93, quando la strappò al Messico.

Lo spot — La TyC Sport ha rivisitato in chiave ironica il discorso dedicato al tema dell’immigrazione di Donald Trump, candidato repubblicano per le prossime elezioni presidenziali Usa. Riferimento, non tanto velato, alle ondate migratorie provenienti dal Sudamerica.

L’allenatore — Gerardo “Tata” Martino ha vinto quattro campionati in Paraguay, con il Cerro Porteño e il Libertad. Del Paraguay è stato anche ct, arrivando ai quarti di finale al Mondiale 2010 e a novanta minuti dal titolo in Copa América l’anno successivo. Poi l’avventura ai Newells Old Boys e quella al Barcellona (un anno appena). Dal 2014 guida l’Albiceleste.

Il trofeo — È alto 75 centimetri, ha un diametro di 30 e pesa 9 chili. La base in legno è stato aggiunto nel 1980 e da allora, anno dopo anno, vengono aggiunti i campioni di ogni edizione. Lo confezionarono agli inizi del Novecento quelli della Casa Escasany, casa argentina di gioielli, per 3.000 franchi svizzeri.

Lo spot, realizzato da TyC Sport, che ironizza su Trump

Cile

Il gruppo — Qualche novità, rispetto al gruppo storico che ha vinto il trofeo l’anno scorso in Cile. Quattro giocano in Serie A, e sono Medel (Inter), Mati Fernández (Fiorentina), Pinilla (Atalanta) e Pulgar (Bologna). A cui si aggiungono diversi giocatori che hanno militato nel nostro Paese, come Isla (ex Juventus e Udinese), Vidal (ex Juve), Sánchez (ex Udinese) e Vargas (ex Napoli).

L’allenatore — Dopo la rottura di Jorse Sampaoli con la Federazione, sulla panchina del Cile è arrivato questo argentino naturalizzato spagnolo, con il naso da pugile e i capelli unti: Juan Antonio Pizzi. Subito ha lasciato a casa el Mago Valdivia scatenando l’ira della madre del cileno: «Se non lo convoca è perché non vuole vincere di nuovo la Copa América. Non vuole dare un altro dolore all’Argentina», ha scritto su Facebook.

Il comico — Arturo Vidal di recente ha incontrato in un centro commerciale il comico uruguaiano, Seba González, che gli è andato incontro gridando: «Il miglior giocatore della storia del Cile, il miglior giocatore della storia del Cile…». Vidal si è fatto un sorriso, ma González ha continuato: «…Ivan Zamorano, ovvio. Hai vinto una Copa América, muerto…».

I gol — Chi segnerà i gol per il Cile? Scontato dire Alexis Sánchez, l’attaccante dell’Arsenal è il pilastro del reparto. Poi ci sono i dubbi. Su Pizzi sono piovute critiche per l’impiego forzato di Edu Vargas, che quest’anno ha giocato poco e non bene. L’opinione pubblica cilena sembra preferire Fabián Orellana, che nel Celta Vigo ha segnato 7 gol (più 7 assist).

Alexis Sanchez durante un allenamento con la Nazionale (Claudio Reyes/AFP/Getty Images)
Alexis Sanchez durante un allenamento con la Nazionale (Claudio Reyes/Afp/Getty Images)

Panamá

La squadra — Il capitano è Felipe Baloy, difensore duro, molto fisico, che gioca nell’Atlas (Messico). Poi c’è Luis Tejada, che gioca in Perù, ed è uno dei cannonieri del torneo nazionale con 12 gol. Da tenere d’occhio anche Blas Pérez, ex bombar dei Dallas (97 partite, 36 gol), passato ai Vancouver Whitecaps.

La qualificazione — Panamá è arrivata alla Copa del Centenario superando Cuba ai play-off. La squadra di Hernán Gómez si è imposta per 4-0, reti di Gómez, Tejada, Cooper e Pérez. È la prima volta che la nazionale panamense partecipa alla Copa América.

Lo scandalo — È (o non è) l’anno di Panamá. Nell’anno della storica qualificazione alla Copa América, la Nazione verrà ricordata per gli scandali. Quanto valgono i segreti dei Panamá Papers? Persi 230 miliardi di dollari in una settimana. Lo dimostra uno studio condotto da tre professori.

L’allenatore — Ex calciatore colombiano, «padre, figlio e marito della miglior moglie del mondo» come recita il suo profilo Twitter, Hernán Darío Gómez di recente ha detto: «Io a Panamá mi sento a casa». Ha guidato anche la Nazionale colombiana (in tre periodi diversi), l’Ecuador e di alcuni club in argentina. Predilige il 4-4-2.

Un momento dell'amichevole tra Panama e Brasile del 29 maggio, finita 2-0 per i verdeoro (Jason Connolly/AFP/Getty Images)
Un momento dell’amichevole tra Panamá e Brasile del 29 maggio, finita 2-0 per i verdeoro (Jason Connolly/AFP/Getty Images)

Bolivia

Il ct — In Bolivia Julio César Baldivieso è una star. Ha giocato con la Nazionale lo storico Mondiale del 1994, negli Usa, ultima Coppa del mondo a cui la Bolivia abbia preso parte. In Europa è diventato famoso per aver fatto esordire il figlio 12enne con l’Aurora. Baldivieso fu cacciato cinque giorni dopo.

Lo svedese — Non è biondo, non ha gli occhi chiari. Ma è di Norrköping. Martín Smedberg-Dalence è uno dei campioncini boliviani in giro per il mondo. Lui gioca in Svezia, appunto. «La Liga che me gusta? Quella spagnola. Forza Real Madrid». È stato protagonista di una puntata di “Bolivianos por el mundi”.

Il giramondo — Ha giocato in Brasile, in Germania, in Ucraina, adesso in Cina con la maglia del Changchun Yatai. Marcelo Moreno, papà brasiliano mamma boliviana, è l’attaccante a cui la Bolivia chiede i gol. Ne ha fatti 14 nel campionato cinese. Qualche tempo fa lo seguiva anche la Roma.

Il modulo — Baldivieso molto probabilmente giocherà con un 5-4-1. Non c’è voglia di rischiare troppo, chi fa gol non c’è. In attacco giocherà Yasmani Duk, due gol e un assist stagionali per lui nelle file dei New York Cosmos. La difesa è il miglior attacco (per la Bolivia).

Un po’ di gol brasiliani di Marcelo Moreno

 

Nell’immagine in evidenza, i giocatori del Cile esultano per la vittoria della Copa América 2015 (Martin Bernetti/Afp/Getty Images)