Cinque giovani talenti che hanno cambiato squadra e che accendono la fantasia

Isak, Asllani, Fernández, Sinisterra e Vitinha.

Mentre due tiranni dell’Ancien Régime come Robert Lewandowski e Casemiro prendono a picconate lo status quo a cui siamo abituati, lasciando le squadre di cui sono stati i simboli per quasi un decennio, molti club europei hanno scandagliato e sfruttato il calciomercato in modo progettare il loro futuro. Tra tutti i giovani giocatori che hanno cambiato squadra quest’estate, e si preparano a un salto di livello o alla definitiva consacrazione, ne abbiamo scelti cinque che stuzzicano la nostra fantasia: sono soprattutto talenti che approdano nei cinque campionati top oppure sono arrivati in squadre più forti, magari meno famosi e riconoscibili dei vari De Ketelaere o Julian Álvarez, ma che si candidano a seguire il loro stesso percorso.

Alexander Isak al Newcastle

Alexander Isak costerà settanta milioni di euro al Newcastle, e nessuno se lo aspettava. Sicuramente è un prezzo gonfiato dalla disponibilità enorme da una squadra di Premier che ha cambiato da poco proprietà e che quindi ha bisogno di centrare ogni mossa, se vuole cambiare in fretta gli equilibri futuri del campionato. In fin dei conti, a pensarci bene, tutti i migliori vanno in Inghilterra: semmai l’eccezione è che vengano pagati “poco”. Alexander Isak è un classe 1999 e quindi ormai ha 23 anni. Eppure nell’elenco dei migliori giovani attaccanti del mondo ci rientra ancora, anche se non sembra ancora aver portato a compimento il suo immenso potenziale: alla Real Sociedad, forse la squadra meglio allenata della classe medio-alta spagnola, ha giocato le ultime tre stagioni, segnando nove, 17 e sei gol in gare di campionato. Le sei reti dello scorso anno sembrano poche, forse lo sono, ma in fondo è la stessa cifra messa assieme da Darwin Núñez nel suo primo campionato giocato in Portogallo.

Al di là dei numeri, Isak è una punta molto mobile, con un fisico longilineo (tocca il metro e novanta senza arrivare a ottanta chili), e una leggerezza nelle movenze che sembra permettergli di passare ovunque, quando ha uno o più uomini addosso e riesce a inventarsi spazi in dribbling, nascondendo sempre la palla. Le partite in cui il suo talento è emerso nel modo più appariscente, probabilmente, sono state quelle giocate con la Svezia negli scorsi Europei: Isak era il riferimento offensivo di una squadra piuttosto prudente, che spesso lo lasciava isolato e lo costringeva a lavorare ogni pallone ricevuto fino a trasformarlo in qualcosa di utile, e il più delle volte anche bello. Ha una pulizia tecnica invidiabile nel controllare e conservare palla, è un passatore preciso, è rapido nel condurre anche quando ha spazi, sa attaccare la profondità e i suoi gol più belli sono meraviglie balistiche, eppure non è ancora esploso definitivamente dal punto di vista realizzativo, né sembra ancora aver raggiunto il massimo dell’influenza che uno con i suoi mezzi può esercitare sulle partite, o meglio, sulle stagioni. È uno step invisibile e intangibile, su cui il Newcastle confida, con la convinzione che il talento puro ripaghi sempre la scommessa, anche se di una cifra ritenuta folle praticamente da chiunque.

Resoconto dell’ultima stagione di Isak, tra Real Sociedad e nazionale svedese

Kristjan Asllani all’Inter

Di fronte alla conclamata necessità – non senza spargimenti di sangue – di comprare un giocatore in grado di tamponare le eventuali assenze di Marcelo Brozovic, in pochi si aspettavano che l’Inter riuscisse ad aggirare lo scarso margine di manovra e la generale tendenza della Serie A ad appiattirsi sui soliti nomi, aggiudicandosi il giovane centrocampista più interessante dell’ultimo campionato. Kristjan Asllani – nato nel 2002 in Albania ma cresciuto a Buti, in provincia di Pisa – è stato la ventata di fresco più potente della scorsa Serie A: sbucato dalla Primavera dell’Empoli a stagione in corso, da febbraio in avanti si è impossessato del centrocampo della prima squadra dopo la cessione di un altro gran prospetto come Ricci, con un rendimento e una sicurezza da giocatore ben più maturo della sua età, o meglio, della sua esperienza. Asllani è un regista di enorme personalità: non ha paura a chiedere tanti palloni, né si sente in soggezione se deve sbracciarsi e dare indicazioni sul da farsi ai difensori, quando hanno la palla tra i piedi.

La sua dote più appariscente e speciale è l’istinto per la verticalità: sa servire in profondità con palloni lunghi rasoterra o più morbidi senza nemmeno aver bisogno di stoppare, e sa farlo indistintamente con entrambi i piedi. Anche se possiede un suo repertorio di finte per costruirsi lo spazio necessario a effettuare il passaggio giusto, fa girare la squadra in molto diverso da Brozovic: se il croato ha la capacità sovrumana di ricevere e ridistribuire i palloni più sporchi in quella frazione di secondo in cui orienta il corpo per il controllo e per il passaggio, anche in precario equilibrio, Asllani sembra un interprete più asciutto e diretto. Proprio per questo, pur essendo un buonissimo passatore, non gli si può chiedere lo stesso contributo di uno dei migliori vertici bassi al mondo nel manipolare con il possesso lo schieramento avversario. Eppure l’Inter ha puntato su di lui, anzi per i nerazzurri Asllani è un elemento già molto utile nell’immediato, considerando un’intelligenza calcistica sopra la media e un potenziale tutto da esplorare, oltre che una serie di caratteristiche – la presenza difensiva senza palla negli anticipi e nell’intercettare linee di passaggio, il dinamismo, il senso per l’inserimento e la capacità di ricevere e imbucare anche in posizioni più avanzate del campo – che allargano fin da subito le possibilità di Inzaghi. E lo rendono un giocatore potenzialmente forte anche come mezzala.

Enzo Fernández al Benfica

Su Undici avevamo già parlato di Julian Alvarez e quanto il calcio di Marcelo Gallardo costruisca dei giocatori già pronti per i ritmi e le richieste del calcio europeo di vertice: l’ex attaccante del City, però, non è l’unico ex Millonario destinato a grandi cose. Enzo Fernandez – classe 2001 – è l’altro grande talento che in estate ha lasciato il River Plate, e in pochissimo temp è già diventato il giocatore cruciale del nuovo Benfica di Roger Schmidt. Le Aguias, nel giro di un mese, sembrano essersi scrollate via la pigrizia e la mancanza di idee degli ultimi due anni: da quando è arrivato il tecnico tedesco, il Benfica è diventato squadra iper-aggressiva, che occupa bene gli spazi offensivi e sa creare grossi pericoli tra le linee. In uscita, tutti i palloni passano per Enzo, che non è un cinco tradizionale – anche se in quel ruolo si è fatto conoscere per la prima volta due anni fa, giocando una strepitosa finale di Copa Sudamericana nel Defensa y Justicia di Hernán Crespo – ma è un centrocampista molto più sfaccettato, che non a caso al River ha giocato a lungo con a fianco un giocatore più posizionale come l’ultimo Enzo Pérez, e al Benfica ha un mediano mobile come Florentino Luis a coprire il suo dinamismo e la propensione a inserirsi in zona gol (ne ha già fatti tre in sei partite).

Enzo è già abituato a tenere alta l’intensità senza palla quando difende in avanti e partecipa al recupero immediato, ma la cosa più riverplatense del suo calcio è la naturalezza con sa scegliere se gestire o accelerare il ritmo dell’azione: sa fraseggiare, cambiare gioco con precisione, cucire trame e triangoli, ms riesce anche ad attivare transizioni brucianti, a innescare – spesso con un tocco verticale e di prima – Rafa Silva, David Neres, Ramos. Quando Enzo preme il bottone, l’azione difensiva diventa offensiva, e per una squadra come il Benfica di Schmidt, che ricerca di continuo una trasmissione della palla pulita e ferocemente rapida, è una qualità che vale più dei diciotto milioni che è costato. Una cifra che difficilmente non lieviterà in fretta, per uno dei giovani centrocampisti più completi e interessanti d’Europa.

Vitinha al Psg

Vitinha ha ventidue anni, supera di poco il metro e settanta e ha una tecnica di base semplicemente esagerata. Appartiene a quella categoria di giocatori che sembrano voler rimpicciolire il campo e trasformarlo in uno da futsal, per come cercano spazi stretti e affollati da dominare con il talento. Posizionandolo a fianco di Verratti nella mediana a due del nuovo PSG, Campos e Galtier dimostrano di avere in mente un centrocampo che possa difendere in avanti, ma soprattutto a cui è praticamente impossibile togliere palla, sia per le connessioni che è in grado di sviluppare che per le rispettive caratteristiche individuali. Vitinha sa conservare palla in modo straordinario, grazie al suo modo di orientare il corpo, di incollare la palla al piede, di lasciare piantati sul posto gli avversari con brusche sterzate nello stretto e dribbling secchi che solo uno con il suo baricentro può permettersi. A volte, per mandare a vuoto l’uomo inventa tunnel, tacchi e altri colpi di genio che danno misura di quanto gli venga naturale essere esteticamente appagante in campo.

La sua funzione principale, secondo Galtier, è fare da anello di congiunzione tra difesa e settore offensivo, e forse è proprio il modo migliore per descriverlo: oltre ad essere molto abile nelle conduzioni con cui attira a sé gli avversari prima di scaricare, Vitinha è un palleggiatore di alto livello e si esalta quando può associarsi nello stretto a giocatori altrettanto tecnici. È per questo che il PSG di Neymar, Verratti e Messi sembra la squadra dei sogni, per uno centrocampista come lui: ha bisogno di compagni che parlino la sua stessa lingua. Il passaggio, per l’ex giocatore del Porto, è uno strumento di controllo, con cui ordinare la propria squadra e scombinare quella avversaria, più che una giocata risolutiva: può tentare il filtrante, o lo scavetto alle spalle della difesa, ma è tutto l’opposto di un centrocampista diretto. Per il momento, Galtier lo ha schierato titolare in tutte e tre le partite di Ligue 1 giocate finora, ma sarà interessante rivederlo in Champions League, a impostare e resistere al pressing di avversari più forti e organizzati, ma anche a lavorare senza palla. A questo proposito, Sergio Conceição, un paio di anni fa, per stimolarlo gli diceva che allo stato attuale delle cose poteva giocare solo per due o tre squadre, e che aveva bisogno di aggiungere al suo gioco anche delle skill difensive migliori per poter stare in qualsiasi top club del mondo. Se ce l’abbia fatta o meno, lo dirà il tempo, ma di certo ora c’è un motivo in più per veder giocare il PSG.

Una delle prime partite giocate da Vitinha con la sua nuova maglia: 43 passaggi tentati, 43 passaggi completati

Luis Sinisterra al Leeds United

Il dribbling è il gesto tecnico che più di tutti rimanda a qualcosa di primordiale e gioioso, persino infantile: in Argentina, ad esempio, è chi salta l’uomo a essere definito un giocatore da potrero, ovvero gli spazi aperti delle città in cui tradizionalmente giocano i ragazzi. Allo stesso tempo, il dribbling continua ad essere una delle merci più richieste sul mercato, come se fosse il cheat code per dominare quella centrifuga di ritmi indemoniati, pressioni e difese altissime e organizzatissime che è il calcio di vertice. Il Barcellona lo scorso anno ha preso Adama Traoré e ora ha rinnovato Dembelé, oltre a comprare Raphinha, dopo aver provato a prendere Antony dall’Ajax. Il Liverpool ha Luis Díaz, il Chelsea ha comprato Sterling e sembra interessato a Rafael Leão: gli specialisti del dribbling sono sempre molto richiesti e in Premier League, il campionato in cui forse sono più diffusi, è appena sbarcato anche Luis Sinisterra, quasi come a voler confermare questa tendenza.

Il colombiano – classe 1999 – è arrivato dal Feyenoord, che lo ha comprato dall’Once Caldas e in cui ha giocato tre stagioni prima di esplodere e segnare 23 gol stagionali tra Conference League ed Eredivisie, da ala sinistra. Secondo i dati Whoscored, Sinisterra è stato il giocatore del campionato olandese ad aver tentato e messo a segno più dribbling in media ogni novanta minuti (rispettivamente 5.1 e 3.6). Il suo stile di gioco, infatti, è elettrico, mobile, totalmente proteso al dribbling: cerca di continuo l’uno-contro-uno, rallentando e battendo l’avversario sul primo passo, grazie alla sua grande esplosività. In velocità ha un controllo notevole del pallone, che gli permette di dribblare bene anche nello stretto e con una certa varietà di soluzioni, sia cercando l’interno del campo per calciare, che andando sul fondo a mettere palloni in mezzo. Con il tempo, nel 4-2-3-1 di Arne Slot si è rivelato un giocatore in grado di offrire un po’ della sua energia inesauribile anche in pressione, oltre che un compagno d’attacco relativamente associativo. Nel Leeds di Marsch, il suo processo di crescita può proseguire ancora a lungo.