Guglielmo Vicario è diventato uno dei migliori portieri al mondo?

L'inizio al Tottenham è stato strepitoso, anche perché ha saputo cambiare il suo gioco. E ora è un numero uno completo, bravissimo tra i pali e sicuro palla al piede.

«Vi-ca-rio, Vi-ca-rio, Vi-ca-rio…». Deve aver fatto impressione anche a lui, a questo ragazzo che viene da Udine ed è diventato il portiere del Tottenham, sentire tutto il Tottenham Hotspur Stadium intonare il suo nome, anche dopo aver subito quattro gol contro il Chelsea. Sì, perché lunedì 6 novembre 2023 Guglielmo Vicario ha tenuto in piedi da solo la sua squadra per 75 minuti, compiendo degli autentici miracoli. E i tifosi hanno urlato tante volte il suo nome, quasi a volerlo ringraziare per le sue gesta eroiche. La verità è che va così fin da quando è arrivato a Londra: Vicario ci ha messo un nulla a prendersi il Tottenham, a imporsi come leader della difesa e dell’intera squadra di Ange Postecoglou, a calarsi perfettamente in un ambiente d’élite dopo una carriera vissuta tutta in provincia. E lo ha fatto crescendo costantemente, fino al punto da entrare nell’olimpo degli estremi difensori: Vicario, oggi, non è così distante da quella irraggiungibile perfezione che ormai viene richiesta ai portieri, sia tra i pali che fuori, sia con i guanti che con la palla tra i piedi.

Vicario, per qualche strano motivo, mi ricorda Robert De Niro nel ruolo di Jake LaMotta, nella scena iniziale di Toro Scatenato, quando salta solitario su un ring, sommerso da una fitta nebbia. Forse perché il portiere è un po’ un pugile, combattivo e coraggioso nello spirito, isolato nella sua piccola terra circoscritta. O perché De Niro si presenta come una sagoma sconosciuta, con il viso avvolto nell’accappatoio, un po’ come Vicario, che è arrivato a Londra nell’anonimato, dopo anni trascorsi nelle serie minori italiane e due sole stagioni da titolare in Serie A. Oppure ancora perché il numero uno del Tottenham, esattamente come Jake LaMotta, si prepara alla parata muovendosi leggero, con piccoli salti, quasi danzando, tenendosi in equilibrio sulla linea di porta per poi allungarsi verso il cielo. La sua agilità e la sua velocità non sembrano naturali per un corpo di 194 centimetri. Non a caso, Dino Zoff ha detto di rivedersi in lui per la sua concretezza, per la sua solidità e soprattutto «per il suo movimento tra i pali».

Ma è anche per le sue qualità fuori dall’area di rigore, lontane dal suo ring, che Vicario sta conquistando l’Inghilterra. E sta entrando a far parte di quella cerchia ristretta che include solo i migliori portieri del mondo. In Italia, Vicario è diventato celebre per il suo bagaglio tecnico, per la sua capacità di bloccare i tiri avversari in ogni modo; ora, a Londra, ha dimostrato di essere migliorato tantissimo nella lettura del gioco, nella gestione dello spazio dietro la difesa, nella capacità di fare interventi perfetti anche a 30 metri dalla linea di porta.

Se ne sono accorti tutti proprio in occasione derby contro il Chelsea, quando Postecoglou ha esasperato le sue idee fino ad arrivare all’apice dell’assurdo e del divertimento, fino a schierare la sua difesa a otto sulla linea di centrocampo nonostante la doppia inferiorità numerica per le espulsioni nei confronti di Romero e Udogie: oltre a quelle immagini ormai diventate cult, all’impressionante velocità del gioco, alle infinite attese per il Var e alla confusione per i cartellini e i rigori e i minuti di recupero, anche le giocate di Vicario sono rimaste nella memoria collettiva. Sono tutte nel video che vedete sotto, in cui troverete: interventi clamorosi a mano aperta; uscite con la postura a croce iberica tipica del futsal; tuffi sul pallone gettandosi in avanti, come si insegnava una volta – uno stile sempre meno comune perché può provocare facilmente un fallo. E non è finita qui: ci sono anche momenti in cui Vicario mostra di essere un grande sweeper-keeper, uno di quei portieri-liberi che sono a loro agio quando devono difendere da ultimo giocatore di movimento. L’ex estremo difensore dell’Empoli ha concluso la gara con 12 interventi fuori dall’area e diverse reti salvate in questo modo – giusto per fare un confronto, gli altri numeri uno della Premier League ne registrano 1.2 a partita, secondo i dati Fbref. «Vicario è stato eccezionale fuori dai pali, non ho mai visto una cosa del genere», ha affermato Jamie Carragher, riferendosi alla prestazione del portiere del Tottenham contro il Chelsea.

Da quando è sbarcato in Premier League, Guglielmo Vicario ha raggiunto una nuova dimensione. Arrivato al Tottenham per 20 milioni di euro, ha spazzato via subito ogni dubbio intorno a sé, dimostrando di essere un portiere speciale, completo, una sorta di elemento di raccordo tra due generazioni. Non è sempre stato così: un anno fa, al netto di prestazioni eccellenti e parate incredibili, giocava in un modo più classico, infatti è stato il portiere che ha stazionato più vicino alla linea di porta in tutto il campionato, come se fosse anacronisticamente ancorato allo specchio della porta. Ora, invece, è il terzo portiere della Premier League (dopo Pope e Onana) che gioca di più fuori dai pali. Insomma, è riuscito a fare ciò che è più difficile per un portiere: cambiare. E per questo deve ringraziare Ange Postecoglou: «Vicario l’ho voluto io personalmente», ha detto il manager australiano degli Spues. «Mi sono sempre piaciuti i giocatori che si sono costruiti la loro strada partendo dalle serie minori: si sanno adattare più velocemente, sono più allenabili». Lo sta allenando bene, evidentemente.

L’effetto balsamico di Postecoglou si è riverberato su tutta la rosa del Tottenham, una squadra letteralmente disintegrata dalle ultime stagioni negative e colpita anche dalla squalifica di Fabio Paratici, direttore generale, e dall’addio di Harry Kane. Per riuscire in questa impresa apparentemente disperata, si è basato sulle stesse convinzioni che l’hanno portato da Melbourne – dove è cresciuto – fino al vertice della Premier League: il Tottenham gioca un calcio affascinante, d’avanguardia, cerca di dominare le partite con i “falsi terzini” e il pressing esasperato, con la fluidità offensiva e una sofisticata fase di costruzione. Una serie di concetti moderni che necessitano di un portiere altrettanto moderno. Così Vicario oggi si ritrova a controllare il pallone con la suola, attirando gli avversari verso di sé per creare spazi da attaccare, diventando primo cervello e primo motore della squadra. E deve sostenere la pressione, accompagnando le azioni difensive, abbandonando l’area di rigore per coprire la sua metà campo. In tutto questo, però, è ancora fenomenale sulla linea di porta, come shoot-stopper: è secondo per percentuale di parate in Premier League, poco dietro ad Allison Becker.

A 27 anni, dopo aver iniziato nelle giovanili dell’Udinese (alle spalle di Meret e Scuffet), dopo la Serie D con il Fontanafredda, la Lega Pro con il Venezia (dietro ad Audero), la Serie B con il Perugia e infine la Serie A, prima a Cagliari e poi a Empoli, finalmente da titolare, Vicario si sta imponendo nel campionato più competitivo del mondo. È una storia che va nel solco della nuova scuola di portieri italiani che, dopo anni di gavetta, stanno calcando i palcoscenici più importanti. Vic, come lo chiamano a Londra, si è subito ambientato perfettamente, entrando in contatto con tutta la squadra, soprattutto con il capitano Son, con cui ha già instaurato un legame speciale.

Insomma, in una Premier League in cui l’Arsenal è attraversato perennemente dal dubbio amletico tra Raya e Ramsdale, il Manchester Utd è intrappolato nel dilemma-Onana e il Chelsea cambia numero uno ogni anno, Guglielmo Vicario si sta infilando tra Allison ed Ederson. E quindi sta entrando meritatamente in una lista esclusiva, quella che include i migliori portieri del mondo che ogni tanto ci divertiamo a fare. Forse non ha la tecnica di Courtois, la sicurezza di Oblak, il talento puro di Donnarumma e l’agilità di Maignan, ma sicuramente è diventato un portiere maturo, elegante e leggero come Jake LaMotta sul ring. Rispetto ai suoi colleghi, poi, Vicario ha vissuto più carriere in una: si è messo alla prova in contesti diversi, così ha imparato a interpretare al meglio ogni situazione. La sua storia è una rappresentazione plastica della natura stranissima dei portieri, chiamati a cambiare ogni giorno, a evolversi mentre si evolve il gioco, però senza cambiare mai fino in fondo.